L'attività di polizia giudiziaria, proprio perché collegata all'accertamento ed alla repressione di un reato già commesso, si colloca all'interno del procedimento penale. Di solito, anzi, ne costituisce il primo momento poiché il procedimento sorge quando la Polizia Giudiziaria (o anche, ma in concreto assai più raramente, il Pubblico Ministero) acquisisce la notizia di un reato compiuto o in atto. Tale informazione sul reato può giungere alla Polizia Giudiziaria da una fonte esterna (la denuncia o la querela della vittima del reato o di un qualsiasi privato; un referto medico; la segnalazione di un Pubblico Ufficiale), ma può anche dipendere da una iniziativa autonoma della stessa Polizia Giudiziaria: poiché a questa spetta isituzionalmente il compito di ricercare anche di propria iniziativa tali informazioni.
Una volta acquisita la notizia di reato commesso, la Polizia Giudiziaria è tenuta a svolgere indagini ed a riferirne (al più tardi entro 48 ore) al Pubblico Ministero cui spetta, da quel momento, la direzione delle indagini stesse. Le indagini svolte dalla Polizia Giudiziaria e dal Pubblico Ministero si denominano «indagini preliminari» perché servono a stabilire se la notizia di reato è fondata o meno e, in caso positivo, a consentire al Pubblico Ministero di esercitare l'azione penale a carico di colui al quale il reato è attribuito (imputato).
Il Pubblico Ministero esercita l'azione penale quando ritiene di aver acquisito durante le indagini elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio. Se ritiene invece che tali elementi non siano idonei a sostenere l'accusa e che, pertanto, non essendo essa dimostrabile il processo avrebbe, come esito scontato, l'assoluzione dell'imputato, il Pubblico Ministero non esercita l'azione penale, ma chiede al Giudice per le indagini preliminari (G.I.P.) l'archiviazione del procedimento penale (artt. 55, 326, 405, 408 c.p.p.).
Nel corso della fase iniziale del procedimento penale, la Polizia Giudiziaria svolge dunque un ruolo fondamentale in stretto e continuativo contatto con il Pubblico Ministero.
Ed è fuori dubbio che dalle modalità di conduzione delle indagini preliminari dipende, nella gran parte dei casi, l'esito dell'intero procedimento.
Alla Polizia Giudiziaria ed al P.M. spetta, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, compiere ogni attività necessaria per le determinazioni inerenti all’azione penale.
Le indagini sono svolte unitariamente dalla P.G. e dal P.M.: questi dispone direttamente della prima e ne ha la direzione.
Per la realizzazione dei propri compiti istituzionali, la Polizia Giudiziaria è stata strutturata in «Sezioni» e «Servizi»: fermo restando che, ad un primo e più ampio livello, i Magistrati possono servirsi di qualsiasi organo di polizia giudiziaria
Si sottolinea che nel contempo tutti gli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria appartenenti a tutte le forze di polizia e ad altri organi sono obbligati per legge di svolgere indagini a seguito di una notizia di reato.
L'Autorità Amministrativa – sia essa Stato o Ente Locale – ha il compito di preservare l’ordine pubblico, la tranquillità sociale, la sicurezza delle persone, la tutela della proprietà.
La «polizia» intesa in senso generale (dal greco polis =città ovvero politeia =cittadino) è costituita dal complesso di attività che lo Stato e altri enti pubblici svolgono per assicurare le condizioni di un ordinato e tranquillo vivere civile sociale. Questa attività può essere diretta a «prevenire condotte in grado di turbare l’ordine e la sicurezza pubblica» oltre ché a «reprimere le violazioni già verificatesi di norme penali impedendone gli eventuali ulteriori effetti».
► Per «attività di polizia amministrativa» si intende quel complesso di attività (ante delictum) svolta dallo Stato o da altri enti pubblici, volta a realizzare le misure amministrative (ordinanze, provvedimenti, decreti, ordini, diffide, ecc.), di vigilanza ed osservazione:
L’attività di polizia amministrativa in senso ampio, comprende la polizia marittima, demaniale, ambientale, forestale, sanitaria, di frontiera, urbanistica, ecc.
Tale attività amministrativa può esercitarsi sia in forma regolamentare – disciplinando cioè le attività concernenti una specifica materia (ad esempio, polizia urbanistica, demaniale, ecc.) – costituendo quindi la c.d. “Polizia Amministrativa in senso stretto” – sia in forma repressiva oltre che preventiva, intesa come vigilanza sulle attività medesime al fine di prevenire e quindi reprimere ogni comportamento illecito o imprudente – costituendo in tal caso la c.d. “Polizia di Sicurezza”.
La Polizia Amministrativa si pone quindi come regolamentazione delle attività umane; la Polizia di Sicurezza si pone invece quale controllo e repressione delle stesse.
Una particolare specie di Polizia Amministrativa si ha ad esempio nella c.d. ”Polizia Portuale”: essa consiste sia in Polizia Amministrativa in senso stretto (esplicantesi attraverso il potere di Ordinanza), sia in Polizia di Sicurezza, finalizzata alla prevenzione dei pericoli in ambito portuale,sia generici che specifici.
Le Capitanerie di Porto – quale Organo periferico dell’Amministrazione Marittima dello Stato – espletano al riguardo sia funzioni prettamente amministrative (la c.d. ”amministrazione attiva”), sia funzioni di Polizia Amministrativa (effettuata in forma regolamentare) che funzioni di Polizia di Sicurezza (effettuata in forma operativa), sia, infine, funzioni di Polizia Giudiziaria.
► La «attività di polizia giudiziaria», invvece, è costituita da complesso di attività (post delictum) che hanno lo scopo di accertare e reprimere i reati, ed a ricercare i responsabili per assicurarli alla giustizia.
L’attività di polizia giudiziaria interviene, quindi, in una fase patologica data dalla violazione di un ordine giuridico ed è essenzialmente finalizzata allo svolgimento di attività repressive. Il suo interesse è, quindi, prevalentemente circoscritto alle norme penali. Inoltre la stessa è volta a vigilare sulla preservazione dell’ordine, sull’incolumità fisica delle persone e sulla tutela ella proprietà, mediante l’adozione di provvedimenti e misure sia di natura preventiva che, prevalentemente, repressiva.
Ciò vuol dire che non può parlarsi di attività di polizia giudiziaria tutte le volte in cui le Forze o gli organi di polizia e comunque i soggetti stessi cui è attribuita la qualità di Ufficiali o Agenti di polizia giudiziaria (art. 57 n. 3 c.p.p.), si limitano a svolgere attività di polizia amministrativa e cioè a «controllare» che i privati rispettino le limitazioni che la legge impone al loro operato e svolgano la propria attività senza procurare danni agli altri consociati. In questa situazione, infatti, chi svolge attività di polizia amministrativa agisce con finalità preventiva, di controllo delle attività altrui o di garanzia dell’ordine e della sicurezza dei cittadini: e non con le finalità di informarsi su reati già commessi o in atto e di reprimerli individuandone l’autore.
Mentre l’esercizio dell’attività amministrativa fa capo alla Autorità amministrativa (ad esempio, l’Autorità marittima), quello della polizia giudiziaria fa capo all’Autorità Giudiziaria.
L’Autorità amministrativa ha il compito di preservare l’ordine, la tranquillità, la sicurezza delle persone, la proprietà, la moralità, contro eventuali atti illeciti del privato. Viceversa l’Autorità Giudiziaria interviene quando l’azione antigiuridica è già avvenuta, per infliggere la sanzione prevista dalla legge penale.
E’ naturale, peraltro, che nella gran parte dei casi, dell’avvenuto verificarsi di un reato si prenda notizia proprio durante l’attività di polizia amministrativa e che, in questi casi, l’acquisizione della notizia di reato “modifica la qualità” del personale di polizia operante.
Nell’ambito della polizia amministrativa, si suole individuare, la «polizia di sicurezza» che potrebbe definirsi come quella branca dell’attività di polizia amministrativa, è precisamente quella che la legge commette all’Autorità di pubblica sicurezza, diretta a vigilare sull’ordine inteso come ordine sociale, sui diritti e sulla sicurezza fisica delle persone, contro ogni comportamento illecito e imprudente.
A questo scopo, l’Autorità di pubblica sicurezza[1] adotta le misure ed i provvedimenti, sia preventivi che repressivi, previsti dalla legge.
La polizia di sicurezza è essenzialmente attività di «prevenzione», cioè tendente ad impedire lo svolgimento di atti o attività contrastanti con l’ordinamento giuridico, oppure comunque in grado di infrangere l’ordinata e sicura convivenza civile.
La Polizia di Sicurezza, può – per quanto concerne le materie d’interesse del Corpo delle Capitanerie di porto – suddividersi come segue:
Naturalmente le funzioni di polizia sopra citate sono esercitate normalmente quale Polizia Amministrativa nei modi e nelle forme di cui alla Legge 689/81; per le violazioni penali previste dalle medesime leggi si procede invece quale Polizia Giudiziaria applicando invece le forme ed i modi stabiliti dal c.p.p.
La Polizia di Sicurezza può essere esercitata solo dallo Stato: è quella parte della Polizia Amministrativa intesa a vigilare sull’Ordine Pubblico inteso come ordine sociale, sui diritti e sulla sicurezza delle persone, contro ogni comportamento illecito o imprudente – tramite provvedimenti sia preventivi che repressivi – previsti ex lege.
L’Autorità Amministrativa (Stato o Enti Locali) ha il compito di preservare l’ordine, la tranquillità sociale, la sicurezza delle persone, la proprietà; l’Autorità Giudiziaria interviene invece successivamente - quando l’ordine è stato violato - per infliggere la relativa sanzione.
[1] La Prefettura è l’organo periferico del Ministero dell’interni che esercita in ogni provincia le funzioni dell’amministrazione generale dello Stato. E’ retta dal Prefetto che è la più alta autorità dello Stato in quel territorio. Egli vigila sull’andamento di tutte le pubbliche amministrazioni ad eccezione dell’amministrazione della giustizia, dell’amministrazione militare e di quella ferroviaria, tutela l’ordine e sovraintende alla pubblica sicurezza. Egli dispone della forza pubblica (forze di polizia e forze militari comandate in ordine ) e ne coordina le attività. Il Questore è l’autorità provinciale di pubblica sicurezza che ha la direzione, la responsabilità ed il coordinamento a livello tecnico-operativo dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e di impiego della forza pubblica. Al Prefetto spettano scelte politico-amministrative mentre al questore prettamente scelte tecnico-operative nella concreta azione di polizia.
Nell'ambito del procedimento penale ed in particolare nelle indagini preliminari le Forze ed i Corpi di polizia che, nel loro complesso, congiuntamente ad altre figure compongono gli Organi di polizia giudiziaria in senso ampio, rivestono un ruolo di spicco, in quanto nella stragranza maggioranza dei casi un'indagine nasce perché una notizia di reato è portata a conoscenza dell'Autorità Giudiziaria attraverso lo svolgimento di attività d'iniziativa della Polizia Giudiziaria
E’ utile evidenziare che la Legge 1 aprile 1981, n. 121 [1] che ha sancito il “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza”, all’art. 16 espressamente preve le varie componenti delle “Forze di Polizia” cui spetta lo svolgimento delle funzioni di polizia, ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica
La citata legge è stata modificata dal Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 177, [2]recante "Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo Forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 20l5, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche".
► Queste sono:
Vengono, altresì, considerati “forze di polizia” e possono essere chiamati a concorrere nell’espletamento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica:
Le forze di polizia così individuate riguardano soltanto la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica considerati in generale. In altri termini, l’art. 16 della Legge n. 121/81, ricomprende nella categoria di forze di polizia, oltre alla Polizia di Stato quale primaria tipica struttura funzionale di polizia, anche tutti gli organismi istituzionali che, pure essendo sottoposti ad autonomi ordinamenti, svolgano o siano chiamati a svolgere funzioni di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Funzioni di polizia «limitatamente» all’accertamento di determinati reati (art. 57, 3° comma c.p.p.), spettano, poi ad altri «soggetti» nelle materie attribuite alla loro specifica competenza.
In materia di «tutella dell'ordine», si rammenta, che il personale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Coostiera può intervenire esclusivamente nelle ipotesi di cui all’art. 82 Cod. nav. (disordini nei porti e sulle navi).
Ad adiuvandum si menziona il R.D. del 13/1/1931, n. 724, con il quale è disposto che «…i Nocchieri di porto fanno parte integrante della forza pubblica e delle forze militari dello Stato, e sono preposti, in concorso con gli altri Agenti della forza pubblica, alla tutela della sicurezza e delle persone nei porti e nelle rade dove esercitano funzioni esecutive e di polizia giudiziaria ed amministrative».
Il Corpo delle Capitanerie di Porto, pur non essendo incluso tra le forze di polizia, può essere considerato, di fatto, un «corpo di polizia» (in funzione di polizia giudiziaria), laddove si consideri che trattasi di un organismo chiamato per legge a disimpegnare, fra l’altro, compiti di polizia amministrativa e giudiziaria.
E ancora, in materia di ordine pubblico, a mente dell’art. 18 della citata Legge n. 121/81, il Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto può essere chiamato dal Ministro dell’interno a partecipare alla riunione del Comitato Nazionale per l’ordine e sicurezza pubblica (G8 - Genova).
Le forze e gli organi di polizia possono essere utilizzate anche in «servizio di pubblico soccorso». L'impiego delle forze di polizia per il soccorso pubblico in occasione di calamità naturali è stato previsto anche dal D.P.R. 6 febbraio 1981, n. 66. (Regolamento di esecuzione della Legge 8 dicembre 1970, n. 996, reacante norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità e sulla protezione civile) che ha attribuito al Prefetto, in veste di Organo ordinario titolare di funzioni di protezione civile, la dsiponibilità delle forze dell'ordine non solo per i servizi straordinari di vigilanza e tutela richiesti dall'emergenza, ma anche per assicurare il soccorso pubblico per le prime urgenti necessità.
[1] In forza del previsto coinvolgimento delle Forze Armate non è escluso che gli equipaggi delle Unità M.M. presenti nei porti o nell’ambito delle acque territoriali possano essere chiamati a prestare il proprio concorso in materia di ordine , nei casi in cui al citato art. 82 cod. nav., compatibilmente con l’assolvimento dei prioritari compiti di istituto e fermo restando la salvaguardia della sicurezza delle unità
Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte, nell’ambito delle proprie competenze e attribuzioni, da tutti coloro cui il Codice di procedura penale [3] o specifiche leggi attribuiscono la «qualifica» di Ufficiali o Agenti di polizia giudiziaria (art. 55, comma 3 c.p.p.).
Per ottenere risultati ottimali dall’attività di polizia giudiziaria, il Codice di rito prevede, tuttavia, particolari «organismi» e «strutture», sempre composte da Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria, appositamente istituiti per compiere attività di indagine in modo continuativo e permanente e collegati, più o meno intensamente, con l’Autorità giudiziaria e, in particolare, con il Pubblico Ministero al quale la legge attribuisce il potere di dirigere le indagini (art. 327 c.p.p.).
L’art. 109 Cost. prevede che l’Autorità giudiziaria «dispone» direttamente della Polizia Giudiziaria. Il potere di piena utilizzazione e direzione della Polizia Giudiziaria rende ciascun Procuratore della Repubblica, giuridicamente Capo (o direttore) della Polizia Giudiziaria nell’ambito del proprio circondario.
A seconda della dipendenza solo funzionale o anche organica della Polizia Giudiziaria dal Pubblio Ministero, la Polizia Giudiziaria può essere così "tripartita" (art. 56 e artt. 5-12 att. c.p.p.):
Le «Sezioni» di polizia giudiziaria, hanno una totale dipendenza "funzionale-operativa" ed una ampia dipendenza organica dal P.M. Sedi operative delle Sezioni di P.G. sono le Procure della Repubblica presso il Tribunale ordinario e quello presso il Tribunale per i minorenni. Non sono istituite presso le Procure Generali presso le Corti di appello.
Nei casi di «avocazione» (e cioè nei casi in cui il Procuratore Generale si autosostituisce, per giustificati motivi, al Procuratore della Repubblica nello svolgimento delle indagini) il Procuratore Generale può peraltro disporre di tutte le Sezioni del "distretto", fermi restando i suoi poteri di coordinamento e sorveglianza.
Le Sezioni svolgono attività di polizia giudiziaria in modo permanente ed esclusivo e ricevono direttive solo dal Pubblico Ministero e non anche dalle istituzioni di provenienza.
La loro composizione è «interforze» (art. 16 Legge n. 121/81 e succ. modif.): della Sezione fanno parte Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria appartenenti alla Polizia di Stato, alla Forza Arnata dei Carabinieri e al Corpo della Guardia di Finanza specificamente addestrati nell’accertamento e repressione di particolari reati (ad esempio, come quelli ambientali, urbanistici, marittimi, ecc.).
La scelta del personale da assegnare alle Sezioni spetta al relativo Procuratore della Repubblica, che vi provvede di intesa con il Procuratore Generale (P.G.), mediante una designazione vincolante per l’Amministrazione di provenienza (artt. 5-20 D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 ed art. 17 L.1 aprile 1981, n. 121).
Alle Sezioni possono essere «applicati», in soprannumero, Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria appartenenti ad “Organi” diversi dalle tre forze di polizia fin qui indicate.
Fanno parte dei «Servizi» di polizia giudiziaria quegli Uffici ed unità ai quali è affidato dalle rispettive Amministrazioni o dagli organismi previsti dalla legge, il compito di svolgere, in via prioritaria e continuativa, le funzioni di polizia giudiziaria
Per questi vi è una più intensa dipendenza funzionale, con taluni marginali profili di dipendenza anche organica. I servizi sono adibiti in via permanente, anche se giuridicamente non esclusiva, a funzioni di polizia giudiziaria., ma nell’ambito dell’ istituzioni di appartenenza, sicché ricevono direttive sia da queste, sia dal Pubblico Ministero.
Il personale che fa parte dei Servizi rimane gerarchicamente ed organizzativamente inquadrato nei Corpi di appartenenza, ma le disposizioni di attuazione attribuiscono all’Autorità giudiziaria un controllo sulla mobilità (ad esempio: allontanamento anche provvisorio dalla sede, promozioni, ecc.) del personale addetto ai servizi (artt. 12, 14 e 15 att.).
L’Ufficiale di P.G. preposto al Servizio di P.G. è responsabile dell’efficienza del Reparto verso il Procuratore della Repubblica presso il locale Tribunale (art. 59. 2° comma c.p.p.) [1]
Accanto alle Sezioni ed ai Servizi, svolgono funzioni di polizia giudiziaria anche «generici organi» di polizia giudiziaria. Per questi vige un livello minimale di dipendenza solo funzionale. Trattasi di tutti quegli organismi obbligati per legge ad espletare indagini ma normalmente investiti di funzioni amministrative.
Tali generici organi di polizia giudiziaria differiscono dalla restante categoria dei generici Pubblici Ufficiali per il fatto che essi sono obbligati ad iniziare o a continuare indagini, anche su richiesta del Pubblico Ministero, mentre gli altri Pubblici Ufficiali sono tenuti solo a fare denuncia (art. 361 c.p.p.).
Si tratta degli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria che non sono inseriti nei servizi e nelle sezioni, ai quali, tuttavia, la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di notizia di reato e che possono avere una «competenza generale» (e cioè in ordine a qualunque reato) o «limitata» (e cioè solo in ordine a determinati reati).
Tali organi devono eseguire, nell’espletamento dell’attività di polizia giudiziaria, le direttive del Pubblico Ministero, ma è bene ribadire, comunque, che ferma tale subordinazione, tali organi continuano ad essere subordinati anche ai loro superiori gerarchici per tutto ciò che non abbia attinenza ai compiti di polizia giudiziaria.
Va da sé, poi che anche nell’espletamento dei compiti di polizia giudiziaria, continueranno ad operare le distinzioni di grado e qualifica derivanti dai rapporti gerarchici stabiliti dall’ordinamento di appartenenza. Gli inferiori sono tenuti ad eseguire gli ordini dei Superiori, salvo che tali ordini siano manifestamente criminosi.
La differenza tra Sezioni e Servizi si fonda sulla diversità delle dipendenze funzionali e organica dal P.M., emblematicamente palesata dalla diversa ubicazione della sede di servizio.
Le Sezioni di P.G., hanno sede presso la Procura della Repubblica; i Servizi, presso i Comandi di appartenenza (le sedi delle Questure, dei Comandi dei CC., della G.d.F., delle Capitanerie di Porto, ecc.).
[1] Art. 59, n. 2 c.p.p. (Subordinazione della polizia giudiziaria) - Il Pubblico Ufficiale preposto ai servizi di polizia giudiziaria (NODM, NOIP e NOE) è responsabile verso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dove ha sede il servizio dell’attività di polizia giudiziaria svolta da lui stesso e dal personale dipendente
Il personale di Polizia Giudiziaria è costituito dai soggetti obbligati per legge ad esperire indagini per accertare reati oltre che a sporgere denuncia (art. 361 c.p.)
Non hanno qualità di organo di polizia giudiziaria, invece, tutti quei Pubblici Ufficiali e incaricati di un pubblico servizio che pur avendo l’obbligo di denuncia (art. 331), non hanno il potere-dovere di compiere attività investigativa processuale.
Peraltro, l’obbligo di denuncia è limitato ai fatti-reati appresi a causa e nell’esercizio delle proprie funzioni amministrative.
La qualifica di Ufficiale o Agente di P.G. compete ad ampie categorie di pubblici dipendenti (civili, militari e militarizzate).
A seconda della ampiezza della loro "sfera operativa", gli organi di P.G. si suddividono in:
Da qui la «bipartizione» che fa il codice fra gli Ufficiali ed Agenti a “competenza generale” e quelli a “competenza limitata”.
Tutti esercitano le "funzioni" di polizia giudiziaria di cui all’art. 55 c.p.p.. Tuttavia, esse spettano, nella loro intierezza, solo agli Ufficiali di P.G., senza distinzione, nel loro ambito, di qualifiche o profili professionali, né di gradi, salve le esigenze di coordinamento, comando o direzione interne e specifiche della propria Amministrazione....
Le funzioni di P.G., spettano solo in parte ai semplici Agenti di P.G., in considerazione della loro minore presunta qualificazione, in rapporto al minore grado o livello impiegatizio.
La casistica degli organi secondari di P.G. comprende Ufficiali ed Agenti di P.G. ai quali è conferito l’incarico di accertare e ricercare solo determinate specie di reati e precisamente quelle nelle quali essi possono imbattersi nello svolgimento del servizio cui sono destinati (…competenza settoriale o limitata) e secondo le rispettive attribuzioni (…in riferimento ai diversi poteri conferiti, rispettivamente, agli Ufficiali ed agli Agenti, specie con riguardo alla legittimazione a compiere, da parte dei primi, tutti gli atti di polizia giudiziaria e, da parte dei secondi, solo alcuni di essi).
Sono equiparati al «privato», gli Ufficiali e gli Agenti di polizia giudiziaria a competenza limitata, quando operano al di fuori delle loro specifiche attribuzioni o del servizio cui sono destinati.
La Polizia Giudiziaria è centro propulsivo del procedimento penale e, come soggetto del procedimento, ha la titolarità di poteri investigativi che sono autonomi fino a quando il P.M., cui essa deve riferire la notizia di reato sensa ritardo, non abbia assunto la direzione delle indagin ed impartito le direttive necessarie (art. 348 c.p.p.). Va sottolineato tuttavia che anche dopo l'assunzione della direzione delle indagini da parte del P.M., la Polizia Giudiziaria può svolgere indagini di propria iniziativa.
Il momento dell’intervento della Polizia Giudiziaria è per forza di cose connesso ad un reato ed è ben diverso dal carattere preventivo della polizia amministrativa, assumendo in realtà una finalità più schiettamente repressiva.
Tale momento di intervento è caratterizzato da diversi «obblighi e doveri» e, in particolare, ha il compito di (art. 55 c.p.p.)
[1] Art. 30 (Uso del demanio marittimo) – L’amministrazione dei trasporti regola l’uso del demanio marittimo e vi esercita la polizia (art. 1164, comma 1 cod. nav.)
Art. 27 Reg. cod. nav. (Vigilanza) – L’esercizio della concessione è soggetto alle norme di polizia sul demanio marittimo (art. 30 cod. nav.). L’Autorità marittima vigila sull’osservanza delle norme stesse e delle condizioni cui è sottoposta la concessione.
[…]
Le funzioni di polizia giudiziaria tendono tutte alla ricostruzione del fatto-reato ed alla individuazione del presunto autore.
► Esse sono così classificabili:
Gli elementi di fatto raccolti in sede di interruzione del reato sono, a loro volta, utili ai fini della funzione investigativa.
Quando un "Ufficiale" o "Agente" di polizia giudiziaria interviene nei confronti di un soggetto sospettato di un reato o nel momento in cui sta commettendo un reato:
Attenzione !
L’art. 349 c.p.p. sancisce che di questo accompagnamento coattivo ai fini identificativi deve essere subito notiziato il Procuratore della Repubblica del posto.
Se la persona si oppone con la forza all’accompagnamento, commette il reato di resistenza a Pubblico Ufficiale (art. 337 c.p.) per il quale è possibile l’arresto in flagranza.
Qualora l’U.P.G. non voglia, per motivi di opportunità o per altro, ricorrere all’uso della forza per l’accompagnamento coattivo, cercherà di identificare, attraverso altri mezzi (ad esempio: targa dell’autovettura, informazioni, testimonianze, ecc.) la persona, trasmettendo l’informativa di reato al Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente al quale illustrerà dettagliatamente l’evoluzione dei fatti.
In nessun caso è possibile far uso delle eventuali armi in tali circostanze, a meno che non vi sia costretto dalla necessità di difendere la propria integrità fisica da un pericolo attuale ed inevitabile, e sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa e non sussista l’alternativa di un comportamento diverso oppure qualora il militare operante sia costoro all’uso delle armi per respingere una violenza o vincere una resistenza.
Attenzione !
la cosiddetta “resistenza passiva” (rifiuto senza minacce o violenza ed atteggiamento passivo ed inerte) non integra il reato di resistenza ma soltanto il reato di cui all’art. 650 e/o 61 c.p.
In uno Stato democratico, ove massima tutela viene riconosciuta ai diritti del cittadino ed i limiti alla libertà costituzionali sono oggetto di precise garanzie, i compiti degli Organi preposti alle funzioni di polizia devono essere svolti mantenendo, sempre, il “giusto equilibrio” tra l’esplicazione di un «atto autoritativo» qual è normalmente l’atto posto in essere dal Pubblico Ufficiale, ed il rispetto dei diritti della persona che ne subisce gli effetti.
L’identificazione di una persona rappresenta, ad esempio, più che un invito a declinare le proprie generalità personali e quant’altro possa valere ad identificarla compiutamente, un ordine dell’Autorità che, nel quadro dei principi anzidetti, va considerato un potere da esercitare, non solo con la puntuale osservanza delle norme che la regolano, ma anche con atteggiamenti e comportamenti improntati alla buona educazione, al rispetto della persona ed alla salvaguardia dell’immagine dell’Amministrazione di appartenenza.
Alla necessaria fermezza nell’intervento deve, pertanto, coniugarsi la cortesia nei modi e nel linguaggio, qualunque sia o appaia il soggetto destinatario del controllo d’identità; in tal modo, non solo si rappresenta la funzione esercitata con adeguato livello di professionalità, ma, contestualmente, si evita una giusta rimostranza o addirittura, il tentativo di far passare per arbitrario l’atto medesimo.
Allo scopo di scongiurare possibili malintesi o incertezze, la richiesta dei documenti identificativi è opportuno che sia effettuata comunque da personale in “uniforme”.
Qualora gli operatori siano in abiti civili e sia necessario ed improrogabile procedere al controllo, devono essere attuate tutte le possibili cautele per consentire al cittadino un inequivocabile riconoscimento.
Proprio la necessità di garantire la sicurezza della collettività e degli operanti rappresenta l’ulteriore criterio cui uniformare alcune elementari regole di condotta nel corso degli interventi da parte del personale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera.
E’ necessario, quindi, in presenza dell’utente, mantenere costante un atteggiamento fermo e prudente: pur nel rispetto delle libertà del cittadino, è importante adottare ogni accorgimento teso a garantire la propria e altrui incolumità.
Anche quando le persone fermate, oggetto dell’attività di identificazione, mostrano tranquillità e disponibilità agli accertamenti di polizia, deve essere tenuta sempre elevata e vigile la concentrazione operativa, al fine di scongiurare ogni reazione ed essere pronti a fronteggiare inattese situazioni d’emergenza.
Quando decide di procedere al controllo di una o più persone, e qualora non sia necessario attivarsi presso il proprio Comando, il militare del Corpo deve ponderare, oltre alla tecnica di avvicinamento e di approccio, il luogo più idoneo all’intervento stesso.
L’approccio con le persone deve, possibilmente, avvenire con l’utilizzo della «tecnica di protezione ravvicinata», che consiste nell’operare sempre con il sostegno, a distanza, di uno o più collaboratori in posizione reattiva, ossia pronti a fronteggiare l’eventuale reazione del fermato ovvero di terze persone presenti nelle vicinanze.
Non tutti gli operatori, quindi, devono trovarsi contemporaneamente impegnati nel controllo: mentre uno procede alla identificazione ed agli accertamenti conseguenti, l’altro o gli altri devono tenersi a distanza pronti ad intervenire.
Giova sottolineare che una procedura operativa adeguata rappresenta un valido deterrente nei confronti dell’utente reticente o malintenzionato, il quale, al contrario, in presenza di atteggiamenti rilassati ed eccessivamente fiduciosi dei tutori dell’ordine, potrebbero approfittare di un momento opportuno per sottrarsi con forza al controllo.
Dell’avvio dell’attività di controllo, nonché del luogo in cui il personale del Corpo opera, è opportuno informare via radio/telefonino la Centrale Operativa del proprio Ufficio che, in caso di emergenza, sarà in condizione di attivare tempestivamente le misure di conseguenza.
Le norme di attuazione del Codice di procedura penale (artt. 16-19) regolamentano il tema delle "sanzioni disciplinari" che possono essere applicate agli Ufficiali ed agli Agenti di polizia giudiziaria che, violando le norme relative all’esercizio delle loro «funzioni», e cioè:
►Iniziativa: l’azione disciplinare è promossa dal Procuratore Generale presso la Corte di appello del "distretto" in cui presta servizio l’U.P.G. o l’A.P.G. Dell'inizio dell'azione disciplinare è data comunicazione all'amministrazione dalla quale dipende l'Ufficiale o l'Agente di polizia giudiziaria in questione.
►Contestazione: l'addebito viene contestato all'incolpato per iscritto. La contestazione, che indica succintamente il fatto e la specifica trasgressione della quale l'incolpato è chiamato a rispondere, è notificata all'incolpato e contiene l'avviso che fino a 5 giorni prima dell'udienza, egli ha la facoltà di presentare memorie, produrre documenti e richiedere l'audizione di testimoni.
►Competenza: competente a giudicare dell’infrazione disciplinare è una apposita "Commissione" (composta da due magistrati e da un Ufficiale di polizia giudiziaria appartenente alla stessa amministrazione dell’incolpato) avente sede presso la Corte d’Appello e i cui componenti sono nominati dal consiglio giudiziario, per i magistrati, e dai soggetti indicati nell’art. 17 co.3 att., per gli appartenenti alle Forze di Polizia. Nel procedimento disciplinare l’accusa è rappresentata dal Procuratore Generale (P.G.) che ha promosso l’azione disciplinare o da un suo sostituto.
►Le garanzie difensive: l’incolpato ha facoltàdi nominare un difensore di fiducia (che può anche essere un appartenente alla sua Amministrazione) o da un difensore di ufficio (designato a norma dell’art. 97).
►Notifica del provvedimento: all'esito dell'iter procedimentale, il Procuratore Generale comunica il provvedimento all'amministrazione di appartenenza dell'Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria nei cui confronti è stata promossa l'azione disciplinare.
►Impugnazione: avverso la decisione emessa della Commissione, sia l'incolpato che il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello possono ricorrere ad una "Commissione Centrale" (di 2° grado) che ha sede presso il Ministero di Giustizia ed il cui provvedimento conclusivo non è ricorribile in Cassazione. L'accusa è esercitata da un magistrato della Procura Generale presso la Corte di cassazione.
All’esito del procedimento, all’Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria, ritenuto responsabile della trasgressione disciplinare è inflitta la sanzione della «censura» o, nei casi più gravi, la «sospensione dall’impiego» per un tempo non superiore a sei mesi.
Agli Ufficiali o agli Agenti addetti alle Sezioni di polizia giudiziaria potrà essere altresì irrogata la sanzione dell'esonero dal servizio presso le sezioni. Nei confronti dell'Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria. incolpato può essere disposta anche la "sospensione cautelare" dalle funzioni di polizia giudiziaria.
Va precisato che il procedimento disciplinare sia in 1° che in 2° grado, nonostante l'intervento dell'Autorità Giudiziaria e le forme proprie di un procedimento giurisdizionale, resta un procedimento di natura amministrativa.
L’Ufficiale o l’Agente che viola i doveri inerenti alle funzioni di polizia giudiziaria può essere assoggettato solo al procedimento disciplinare appena delineato (art. 16 comma 3 att.) e non anche (congiuntamente o alternativamente) al procedimento disciplinare che le varie amministrazioni prevedono per i loro appartenenti che trasgrediscono ad ordini emanati ovvero violino doveri generici o specifici del servizio o della disciplina militare.
E', infatti, evidente che le sanzioni dinanzi citate, previste dalle disposizioni di attuazione al nuovo codice di rito non possono essere certo assorbire provvedimenti di diversa natura quali ad esempio la destituzione, o profili di rilevanza disciplinare peculiari, per ciascuna amministrazione di appartenenza, come ad esempio quelle previste dalla L. 121/81 e dal successivo decreto di attuazione D.P.R. 737/81 per gli appartenenti alla polizia di Stato.
Il procedimento disciplinare promosso per la violazione commessa nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, non esclude, viceversa, che per la stessa violazione possa essere dato inizio anche a un «procedimento penale». Per il medesimo fatto, perciò, può prospettarsi l’ipotesi di dare autonomi procedimenti: quello disciplinare o quello penale.
Gli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria a competenza generale o limitata (fra cui gli appartenenti al Corpo) sono legittimati a compiere, sia pure per accertare solo determinate categorie di reati, tutti gli atti di polizia giudiziaria. Va peraltro rilevato che mentre gli Ufficiali di polizia giudiziaria possono svolgere qualsiasi atto, gli Agenti possono compierne alcuni e non altri.
La distinzione tra Ufficiali ed Agenti di polizia giudizraia è rilevante sia per quanto riguarda la organizzazione interna delle varie unità di polizia giudiziaria sia per quanto riguarda la competenza a compiere determinati atti.
A quest’ultimo proposito, le disposizioni dettate dal Codice di rito e dalle norme di attuazione stabiliscono che, gli atti di polizia giudiziaria possono esssere compiuti, indistintamente, dagli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria e che alla regola si fa eccezione solo per quegli atti il cui compimento è espressamente “riservato” agli Ufficiali di polizia giudiziaria in via assoluta o relativa.
La riserva è assoluta quando l’atto, per la sua complesità e delicatezza, può essere compiuto dagli Ufficiali di polizia giudiziaria e cioè dai soggetti che, per le qualifica rivestita, sono titolari di più collaudate capacità tecnico-professionali.
La riserva è relativa quando l’atto può essere compiuto anche dagli Agenti di polizia giudiziaria nei casi di particolare necessità e urgenza, cioè a dire, nei casi che esigono l’immediato svolgimento di attività operativa (art. 113 att.)..
Nelle ipotesi di riserva relativa, la necessità e urgenza che legittimano l’intervento degli Agenti di polizia giudiziaria non devono essere espressamente motivate, ma possono essere desunte anche da elementi collegati alla concreta situazione di indagine.
L’agente che compie un atto in assenza di una situazione di necessità e urgenza può rispondere disciplinarmente. Nell’ipotesi di riserva assoluta, l’atto compiuto da Agenti di polizia giudiziaria è invece considerato illegittimo (Cass. 4408/98).
► In particolare gli «Ufficiali di P.G.» possono procedere, ad esempio:
Va rilevato che mentre gli Ufficiali di polizia giudiziaria possono svolgere qualsiasi atto, gli Agenti possono compierne alcuni e non altri.
► In particolare gli «Agenti di P.G.» possono procedere ad esempio:
La Polizia Giudiziaria è «soggetto» procedimentale, ma non anche parte processuale. E’ soggetto perché, nella fase pre-processuale, è titolare di proprie potestà e funzioni investigative, anche parzialmente autonome da quelle del P.M. (ad esempio: arresto, fermo, atti di indagine) ed anche perché ha una propria funzione esecutiva di direttive e di atti delegati dal P.M. (artt. 347 e 370 c.p.p.).
La P.G. non è parte perché innanzi al Giudice non può iniziare, né proseguire l’azione penale, di cui unico ed esclusivo titolare è il P.M. . L’Ufficiale di P.G. benché possa fungere da P.M. nei riti dibattimentali innanzi al Giudice monocratico, ivi non rappresenta il proprio Corpo o Arma di appartenenza, ma il Procuratore della Repubblica delegante (art. 22 D.P.R. 449/1988, modificato dall’art. 72 Ord. Giud.).
Ha carattere "preliminare" (art. 347 c.p.p.) perché è volta a fornire al P.M. l’imput investigativo: spettando poi al P.M. stesso sviluppare l’indicazione ricevuta finalizzandola processualmente.
Questo vuol dire che dal momento in cui il P.M. ha concretamente assunto la direzione delle indagini, la P.G. ha il dovere di muoversi entro le linee da lui tracciate, salvo a riacquistare sfere di autonomia più o meno ampie in relazione ad indagini richieste da elementi successivamente emersi (art. 348 co.3 c.p.p.).
Ha carattere "ausiliario" perché spetta al P.M. la direzione delle indagini e disporre direttamente della P.G.
Nel primo caso, ampia è la discrezionalità della Polizia Giudiziaria; nel secondo caso è assai limitata (art. 348 comma 3). In ogni caso, la P.G. conserva la titolarità della c.d. indagine parallela, che nella sua autonomia, può sempre espletare, pur essendo comunque obbligata anche a svolgere le indagini commissionate dal P.M.
Si aggiunga che a seguito del trasferimento di alcune competenze penali in capo al Giudice di Pace, l’attività di iniziativa della Polizia Giudiziaria, nelle materie affidate al Giudice onorario, ha subito un ampliamento potendo la P.G., oltre che condurre le indagini, procedere, in determinati casi, alla citazione diretta in giudizio della persona indagata.
L’attività autonoma è quella che la P.G. è legittimata e tenuta a compiere in base a «propri autonomi poteri» che le derivano direttamente dalla legge e non da richieste od ordini del P.M.
Consiste nel compimento di qualsiasi legittima attività, tipica o atipica, di informazione, investigazione e assicurazione diretta alla ricostruzione del fatto e alla individuazione dell’autore o dei presunti autori del reato.
L’attività autonoma ha come momento iniziale quello dell’acquisizione della N.d.R., perdura certamente fino a che la notizia criminis non viene comunicata al P.M. (art. 347 c.p.p.) e può continuare fino a che questi non assume concretamente e di fatto la direzione delle indagini.
Una volta che il P.M., ricevuta la comunicazione di N.d.R. ha assunto concretamente la direzione delle indagini, egli può compierle personalmente oppure avvalendosi della P.G. In questo secondo caso, può limitarsi a impartire alla P.G. delle «direttive» di indagine oppure può ad essa «delegare» il compimento di specifici atti (artt. 348 co.3 e 370 co.1). Se il P.M. si limita ad impartire direttive di indagine, l’attività della polizia giudiziaria si denomina «attività guidata». Se, invece, il P.M. delega alla polizia giudiziaria specifici atti, l’attività della P.G. si denomina «attività delegata».
L’attività guidata è, pertanto quella che la Polizia Giudiziaria svolge nell’ambito delle direttive del P.M. e, cioè, entro le linee generali (=obiettivi di indagine) da lui tracciate. Le circostanze che il P.M. abbia impartito direttive di indagine, non impedisce alla polizia giudiziaria di seguire proprie «piste» di indagine o sulla base di quanto richiesto da elementi successivamente emersi (=attività successiva) o in attuazione di proprie idee investigative (=attività parallela).
In questi casi, la Polizia Giudiziaria, come in tutti i casi in cui il P.M. si limita ad impartire direttive, resta libera di scegliere i mezzi e il tipo di investigazione più idonei per raggiungere l’obiettivo di indagine indicatole.
Sarà, perciò, autorizzata a perseguire l’obiettivo di indagine assumendo informazioni da potenziali testimoni, eseguendo osservazioni di persone e pedinamenti, acquisendo dati sulla personalità dei membri dell’equipaggio del motopesca oppure compiendo altra attività ritenuta necessaria od opportuna, e ponendo in essere, altresì, tutte quelle attività informali, rientranti nelle regole della buona tecnica di indagine e quindi non vietate...
L’attività delegata consiste, invece, nel compimento da parte della polizia giudiziaria, di atti specificamente richiesti e indicati dal P.M. intervenuto nella direzione delle indagini.
A differenza di quello compiuto su direttiva, l’atto delegato ha lo stesso regime dell’atto compiuto personalmente dal P.M, ed è evidente che solo da uno specifico provvedimento del P.M. (=delega) può essere argomentata tale ammissibilità.
La «delega» deve, pertanto, assumere la forma scritta, ma ciò non impedisce, tuttavia, che, quando sussistono ragioni di urgenza o necessità, possa essere data oralmente e poi ribadita per iscritto.
La Polizia Giudiziaria in quanto soggetto del procedimento, è titolare di autonomi funzioni investigative che esercita mediante «atti tipici» (artt. 244-271 c.p.p.) e anche di «atti atipici» (art. 189).
Nella sua attività di ricerca delle fonti di prova, la Polizia giudiziaria pone in essere:
Links:
[1] http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1981/04/10/081U0121/sg
[2] http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/09/12/16G00193/sg
[3] https://www.studiocataldi.it/codiceprocedurapenale/codiceprocedurapenale.asp