Abbiamo già avuto occasione di dire che, nella massima parte dei casi, le norme penali militari hanno come destinatari soltanto soggetti aventi la qualifica di “militare”.
Il che significa che il reato militare esige normalmente come «soggetto attivo» un soggetto avente la predetta qualifica, comprensiva tanto dei militari in «servizio attivo» (o considerati tali) quanto dei militari in «congedo illimitato»: può dunque ritenersi sufficientemente precisa la definizione secondo cui è militare ogni individuo che, regolarmente arruolato a norma delle leggi di reclutamento e di leva, è soggetto ad obblighi militari (attuali o potenziali) verso lo Stato. Questi obblighi hanno inizio con l’arruolamento e cessano con la collocazione del soggetto in congedo assoluto.
Per altro, al pari della legge penale comune, la legge penale militare obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato (art. 3 c.p.). Tutti, infatti, possono violare in ogni sua parte la legge penale militare, non fosse altro che “concorrendo” con le persone particolarmente soggette (art. 14, co. 1 c.p.m.p.).
L’art. 1 c.p.m.p. afferma che la legge penale militare si applica «ai militari in servizio alle armi» e «a quelli considerati tali», nonché, in casi determinati dalla legge, «ai militari in congedo illimitato», «ai militari in congedo assoluto» e ad altre categorie di soggetti di cui diremo fra poco.
E’ militare, anche il soggetto che presta di fatto servizio alle armi, cioè il soggetto che, per errore o per altro motivo, si trova inquadrato in un reparto militare senza essere mai stato arruolato o dopo essere stato escluso dalle Forze Armate. In tal caso la prestazione, di fatto, del servizio militare comporta l’assoggettamento all’ordinamento militare o alla legge penale militare.
Si tratta del cosiddetto “militare di fatto”, di cui parla l’art. 16 c.p.m.p. e a cui tale articolo affianca l’ipotesi dell’appartenente alle Forze Armate nei cui confronti sia successivamente dichiarata la nullità dell’arruolamento o l’incapacità di appartenere alle Forze Armate stesse: da ciò la distinzione tra militare di fatto in senso stretto e militare di fatto in senso lato.
Notevole è dunque la estensione con cui il legislatore usa il termine militare. Ma pur in tale estensione, si avverte la preoccupazione di operare una differenziazione di trattamento: mentre il militare in servizio attivo è sempre e di regola assoggettato alla legge penale militare, il militare in congedo illimitato lo è soltanto nei casi tassativi; la sua posizione di militare potenziale induce il legislatore ad adottare un criterio fortemente limitativo nell’assoggettarlo alla legge penale militare.
La ragione è evidente: la legge penale militare è, come abbiamo detto, legge speciale, nel senso che ha come destinatari i soggetti appartenenti a una determinata categoria; e l’efficacia di una legge speciale va contenuta in limiti quanto più possibile ristretti, poiché crea una discriminazione fra i cittadini.
Abbiamo detto, parlando del reato in generale, che esso offende l’ interesse pubblico alla pacifica convivenza. Offende quindi lo Stato che è il titolare di tale interesse. In astratto lo Stato è il «soggetto passivo» di qualsiasi reato.
Da un punto di vista specifico, il «soggetto passivo» del reato militare è la persona fisica (= militare ) o giuridica (= Amministrazione di appartenenza del militare) ivi compreso lo Stato, titolari del “bene o dell’interesse” che la norma giuridica tutela e che è pertanto leso o posto in pericolo dal suo comportamento costituente reato.
L’«oggetto giuridico» del reato è, il “bene o l’interesse protetto dalla norma penale militare”.
Quando il reato lede o pone in pericolo più beni-interessi protetti, appartenenti a persone fisiche o giuridiche distinte, si dice «plurioffensivo». I reati militari sono tutti reati «plurioffensivi» in quanto ledono un "interesse comune" oltre che un "interesse militare".
Nel reato militare plurioffensivo l’offesa dell’interesse militare è quella che prevale, lasciando in secondo piano la contestuale offesa dell’interesse comune.
Il reato militare plurioffensivo viene normalmente considerato, agli effetti interni dell’ordinamento militare, come più grave della corrispondente figura comune: è pertanto viene trattato con maggiore severità sia nella determinazione della pena edittale, sia nella disciplina della conseguenze giuridiche interne all’ordinamento militare.
Il reato militare (specialmente quello elusivamente militare) non presenta, peraltro, quella antisocialità generale riscontrabile invece nel reato comune: nel senso che le risonanze del fatto antigiuridico restano in parte contenute entro il limitato ambito dell’ordinamento e del consorzio militare.
Il reato militare può essere qualificato, rispetto al reato comune, come «reato proprio», in virtù della particolare posizione che in esso assume il «soggetto attivo» nei confronti dell’interessepenalmente protetto.
Ma la nozione di reato proprio è una nozione che ha un valore essenzialmente relativo; infatti il carattere speciale del reato proprio si ricava soltanto rapportando la disciplina del reato stesso alla disciplina di tutti gli altri reati appartenenti all’ordinamento di cui esso fa parte. Così, sono propri, rispetto alla massa dei reati comuni, i reati per i quali il Codice penale richiede, ad esempio, la qualifica di «Pubblico Ufficiale» (art. 357 c.p) da parte del soggetto attivo. E, in certo senso, potrebbero considerarsi propri, rispetto ai reati comuni, anche i reati militari.
Anzitutto, non sempre il reato militare esige nel “soggetto attivo” la qualifica di «militare»: vi sono reati militari (seppure in numero relativamente esiguo) che possono venir commessi da «terzi estranei» alle Forze Armate.
In secondo luogo, la qualifica militare del soggetto attivo non è di per sé sufficiente, come abbiamo già detto, ad attribuire al reato la qualità di reato militare: occorre infatti che la fattispecie sia lesiva di un «interesse militare» e sia prevista da una «legge penale militare».
In terzo luogo, soprattutto, occorre tener presente che la particolare posizione giuridica del soggetto attivo costituisce, nell’ordinamento militare, la normalità dei casi, sia dal punto di vista concettuale, sia dal punto di vista statistico. Quindi, rapportando il reato militare alla generale disciplina dell’ordinamento penale militare, non si può parlare di reato proprio.
Nell’ambito dei reati militari sarà “proprio” quel reato che richiederà nel militare una particolare «posizione giuridica», quale ad esempio quella di «Comandante» (artt.111, 121, 124, 146, ecc. c.p.m.p.).