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Le misure di sicurezza

Sono state definite quali mezzi di «prevenzione individuale» della delinquenza aventi carattere educativo o curativo ovvero cautelativo, applicabili dall’Autorità Giudiziaria, in sostituzione oppure in aggiunta alla pena, nei confronti dell’autore di un reato ritenuto «socialmente pericoloso».

  • I presupposti per la loro applicazione sono:
  1. la commissione di un fatto previsto dalla legge come reato o di un quasi reato (artt. 49 e 115 c.p.);
  2. la pericolosità criminale del reo 
  • Le misure di sicurezza si differenziano dalla pena in ordine ai seguenti aspetti:
  1. funzione: la pena ha anche, e soprattutto, una funzione retributiva; le misure di sicurezza ha esclusivamente funzione di emenda del colpevole;
  2. destinatari: la pena si applica solo ai soggetti imputabili; la misura di sicurezza si applica anche ai non imputabili;
  3. durata: la pena è fissa, avendo una durata determinata, stabilita nella sentenza di condanna; la misura di sicurezza ha una durata indeterminata, dovendo, per sua natura, cessare solo col venire meno dello stato di pericolosità del soggetto.

La pena è inflitta all'autore del reato. L'applicazione delle misure di sicurezza avviene solitamente con la sentenza; talvolta può avvenire anche con provvedimento successivo del "Magistrato di Sorveglianza" (art. 205 c.p.; att. 679 c.p.p.). Può anche essere disposta in via provvisoria prima della sentenza definitiva (quando si tratta di soggetto non imputabile) (applicazione provvisoria delle misure di sicurezza (art. 206 c.p.; artt. 312, 313 c.p.p.).
La revoca della misura di sicurezza può essere disposta dal "Magistrato di Sorveglianza", a seguito del riesame della pericolosità (art. 208 c.p. e art. 69 legge n. 354/1975) solo se la persona ad essa sottoposta ha cessato di essere socialmente pericolosa (art. 207 c.p.).

 

 

  • Le misure di sicurezza si distinguono in:
  1. personali, che limitano la libertà personale del soggetto;
  2. patrimoniali, che incidono soltanto sul patrimonio del soggetto.

 

Misure di sicurezza: personali

Le misure di sicurezza «personali» si distinguono, a loro volta, in "detentive" (la persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva si denomina internato) e "non detentive".

  • Le misure di sicurezza detentive sono:
  1. assegnazione ad una colonia agricola ovvero casa di lavoro (per i delinquenti abituali, professionali e per tendenza);
  2. assegnazione ad una casa di cura e di custodia (per i condannati a pena diminuita per infermità psichica, intossicazione cronica da alcool o sostanze stupefacenti);
  3. ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (per gli imputati prosciolti per le stesse cause di cui sopra);
  4. riformatorio giudiziario (per i minori non imputabili o condannati a pena diminuita).
  •  Le misure di sicurezza non detentive sono:
  1. libertà vigilata (artt. 228 – 232 c.p.)[1], consiste nell’affidamento del soggetto all’Autorità di Pubblica Sicurezza (che deve operare la sorveglianza in modo da agevolare, mediante il lavoro, il riadattamento alla vita sociale) e nella fissazione di alcune prescrizioni e limitazioni imposte per evitare nuove occasioni di reato (ad esempio, l’obbligo di dedicarsi una stabile attività lavorativa, l ’obbligo di non ritirarsi la sera dopo una certa ora, l’obbligo di non accompagnarsi a pregiudicati, ecc.). E’ la misura di sicurezza che si applica quando la legge ne prescrive una senza specificare ulteriormente; vi sono però dei casi in cui la sua applicazione è espressamente prevista dalla legge. Il Giudice la può sempre ordinare nel caso
    di condanna alla reclusione per un tempo superiore ad 1 anno e nelle ipotesi di quasi reato;
  2. divieto di soggiorno (233 c.p.), consiste nel divieto di soggiornare in uno o più comuni ovvero in una o più province (principalmente per i condannati per delitto contro l’ordine o per motivi politici);
  3. divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche (234 c.p.), per reati commessi in uno stato di ubriachezza abituale;
  4. espulsione dello straniero dallo Stato (a pena espiata, deve essere espulso, se pericoloso, lo straniero condannato ad esempio, a una pena non inferiore a 10 anni di reclusione; per un delitto contro la personalità dello Stato; per gravi reati in tema di stupefacenti, ecc.).

 


[1] Va ricordato che al regime di libertà vigilata è sottoposto anche il condannato ammesso alla liberazione condizionale. In questo caso, però, la libertà vigilata non ha la funzione di misura di sicurezza, ma di “sostituzione” di pena.

 

Misure di sicurezza: patrimoniali

Le misure di sicurezza «patrimoniali» sono:

  1. la cauzione di buona condotta, (art. 237-239 c.p.), consiste nel deposito di una somma di denaro presso la Cassa delle Ammende, variabile da lire 103 a 2065 €. La somma è mantenuta in deposito per un periodo minimo di 1 anno e massimo di 5. Viene incamerata dalla Cassa delle Ammende se il soggetto commette nel periodo fissato un reato punito con pena detentiva. E’ restituita, decorso il termine, se il reato non viene commesso;
  2. la confisca (art. 240 c.p. modificato dall’art. 6 L. 22 maggio 1975, n. 152), consiste nella espropriazione a favore dello Stato di cose che servirono a commettere il reato (gli arnesi da scasso, le reti da pesca, ecc.) o che sono il prodotto o il profitto, oppure di cose la cui fabbricazione, uso, detenzione o alienazione costituisce reato (armi, materie esplodenti, prodotti della pesca, monete false, ecc.).

► Mediante la «confisca», si evita che una cosa, attinente a un reato o di per sé criminosa, possa costituire, se lasciata nella disponibilità dell’autore del reato, un incentivo a commettere altri illeciti.

  • Ad esempio, sono soggetti a confisca (art. 25 legge 963/65 come sostituito dall’art. 7 legge 381/1988) tanto il pescato quanto gli attrezzi da pesca per l’esercizio della pesca mediante l’uso di energia elettrica o sostanze tossiche o materiale esplodente
  • Ad esempio, può essere confiscato il mezzo usato dallo spacciatore per detenervi droga: il suo uso può rendere più facile e insidioso l’esercizio dell’attività delittuosa; oppure possono essere confiscati gli arnesi da scasso usati dal ladro o l’appartamento servito da covo al gruppo terroristico.

La confisca è «obbligatoria» o « facoltativa» e riguarda:

• le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato (confisca facoltativa);

  • Ad esempio, sono soggetti a confisca facoltativa gli arnesi da sca ss

• le cose che rappresentarono il profitto (vantaggio economico) o il prodotto (risultato) del reato (confisca facoltativa);

  • Ad esempio, sono soggetti a confisca facoltativa gli arnesi da scasso

• le cose che rappresentarono il profitto (vantaggio economico) o il prodotto (risultato) del reato (confisca facoltativa);

  • Ad esempio, sono soggetti a confisca facoltativa le cose rubate (profitto) ovvero la banconota contraffatta o il prezzo conseguito alla vendita della cosa rubata (risultato)

• le cose che costituiscono il prezzo (corrispettivo) del reato (confisca obbligatoria)

  • Ad esempio, sono soggetti a confisca obbligatoria il premio ottenuto dal colpevole per commettere il reato

• le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato (confisca obbligatoria anche se non è stata pronunciata condanna)

  • Ad esempio, sono soggetti a confisca obbligatoria le armi di qualsiasi genere e parti di esse, materie esplodenti, le monete false, gli atti falsi, ecc.

La confisca è perciò obbligatoria per i reati "concernenti le armi, le munizioni e gli esplosivi" (art. 6 legge 22 maggio 1975, n. 152). Le armi, le munizioni e gli esplosivi confiscati sono versati alla competente Direzione di Artiglieria per la distruzione o la rottamazione
La confisca non può pregiudicare i diritti di persone estranee al reato. Non è pertanto attuabile quando si tratta di cose che appartengono a terzi estranei od ai quali le cose siano lecitamente pervenute dopo la commissione del reato.

 

Indici di pericolosità sociale

Dinanzi all’autore di qualsiasi reato, imputabile o non, lo Stato non può porsi solo la domanda se quel soggetto è responsabile penalmente di un certo reato, ma anche la domanda se quel soggetto è «pericoloso socialmente».
L’art. 133 c.p. dispone che, nella determinazione della pena da infliggere all’autore di un reato, il Giudice deve tener conto oltre che della gravità del reato commesso, altresì della «capacità a delinquere» del reo. Essa consiste nella tendenza o inclinazione dell’individuo a commettere fatti in contrasto con la legge penale.
Mentre l’imputabilità costituisce il presupposto necessario della responsabilità, per cui è penalmente responsabile (e perciò punibile) solo il soggetto che al momento del fatto era capace di intendere e di volere, la capacità a delinquere (capacità criminale) serve invece a «
graduare la responsabilità» e, quindi, la pena da applicare per il reato commesso.
Tale capacità, che implica un vero e proprio giudizio prognostico sulla possibilità maggiore o minore che il soggetto compia nel futuro ulteriori reati , va desunta ad esempio: dai precedenti del reo e, in genere, dalla sua vita trascorsa; dal carattere, dalle sue condizioni familiari, sociali ed individuali di vita (c.d. ambiente del reo), ecc.

Un grado particolarmente intenso di capacità a delinquere è la «pericolosità sociale», cioè la elevata probabilità che il soggetto commetterà altri reati.
La pericolosità criminale influisce sulla misura della pena, preclude la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e del perdono giudiziale della liberazione condizionale, come anche sulla applicazione di misure alternative alla detenzione, ed è il presupposto per l’applicazione di una misura di sicurezza.
Dinanzi alla accertata probabilità che l’autore del reato ne commetta altri in futuro, il legislatore corre ai ripari applicandogli allora una misura di sicurezza e cioè una sanzione penale che nelle intenzioni, dovrebbe neutralizzare la pericolosità del soggetto e risocializzarlo.
La misura di sicurezza può essere applicata congiuntamente alla pena (dopo che questa è stata scontata) o in alternativa alla pena stessa (quando si tratta di soggetto non imputabile, ma socialmente pericoloso).
La duplicità di sanzione si spiega con l’accoglimento, da parte del codice penale del 1930, del «sistema del doppio binario». In base a tale sistema, come già visto in precedenza, le pene avrebbero funzione di «castigo» e di intimidazione, le misure di sicurezza, la funzione di «neutralizzare la pericolosità sociale» del reo e di risocializzarlo all’esito del processo rieducativo che le stesse misure di sicurezza dovrebbero attuare.
La misura di sicurezza ha funzioni diverse della pena e non rappresenta il «castigo» inflitto per il reato commesso, ma il modo per evitare che continui a creare allarme sociale un soggetto ritenuto pericoloso.
Di conseguenza: se l’autore del reato non è imputabile, va esente da pena. Nei suoi confronti, però può essere disposta una misura di sicurezza se, malgrado la non imputabilità, il soggetto è socialmente pericoloso.

  • Ad esempio, se il demente uccide e viene riconosciuto socialmente pericoloso, andrà anch’egli esente da pena, ma potrà essere ricoverato in un “ospedale psichiatrico giudiziario”. Se commette un reato, ma non é socialmente pericoloso sarebbe assurdo punirlo od applicargli una misura di sicurezza. La malattia dovrà trovare cura adeguata presso strutture psichiatriche che non appartengano agli apparati repressivi.

Il Codice penale esalta il rilievo della pericolosità sociale prevedendo quattro forme specifiche di «pericolosità criminale» che delineano predeterminate figure di «delinquenti pericolosi»:

  1. recidivo
  2. delinquente abituale
  3. delinquente professionale
  4. delinquenti per tendenza

   

Figure di pericolosi sociali

Il Codice penale esalta il rilievo della pericolosità sociale prevedendo quattro forme specifiche di «pericolosità criminale» che delineano predeterminate figure di «delinquenti pericolosi»:

  1. recidivo
  2. delinquente abituale
  3. delinquente professionale
  4. delinquenti per tendenza

La «recidiva» (art. 99-101 c.p.) è la condizione personale di chi dopo essere stato precedentemente condannato (con sentenza passata in giudicato) per un reato, ne commette un altro. La recidiva può essere:

  1. semplice
  2. aggravata
  3. reiterata

La «recidiva semplice», ricorre se un soggetto commette un reato dopo una condanna per un altro reato di diversa indole. La pena può essere aumentata fino al sesto.

  • Ad esempio, è recidivo l’autore di un furto che è stato già condannato, con sentenza passata in giudicato, per oltraggio a (=recidivo semplice: è ricaduto in altro reato, di diversa indole).

La «recidiva aggravata», ricorre se un soggetto commette un nuovo reato della stessa indole (cioè denota identica tendenza a delinquere) del precedente e si distingue a sua volta in: recidiva specifica e infraquinquennale. A seconda dei casi la pena può essere aumentata fino a 1/3 o fino a 1/6
La recidiva aggravata «specifica» ricorre, quando il nuovo reato è della stessa indole del precedente.

  • Ad esempio, è recidivo specifico chi è ricaduto in un reato (furto) della stessa indole del primo reato (rapina).

La recidiva aggravata «infraquinquennale» ricorre, quando il nuovo reato è stato commesso nei 5 anni dalla condanna precedente.

  • Ad esempio, è recidivo infraquinquennale chi ricade nel secondo reato (rapina) nei cinque anni successivi alla prima condanna (per furto)

La «recidiva reiterata», infine, ricorre quando il nuovo reato è stato commesso da chi è già recidivo (durante o dopo l’esecuzione della pena, o durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente alla esecuzione della pena). Aumento della pena dalla metà fino a 2/3.

  • Ad esempio, è recidivo reiterato chi commette il reato di furto dopo aver già riportato due condanne: la ricaduta è duplice.

Le conseguenze della recidiva sono principalmente un aumento di pena, variabile a seconda del tipo di recidiva. Le ipotesi di recidiva possono cumularsi fra loro:

  • Ad esempio, è recidivo specifico reiterato e infraquinquennale chi commette un furto (art. 624 c.p.) nei 5 anni successivi ad una condanna per rapina (art. 628 c.p.) ed una per ingiuria (art. 594 c.p)

 

 

La «abitualità criminale» (artt.102-104 e 109 c.p.): è la condizione di chi con la sua persistente attività criminosa dimostra di avere acquistato una notevole attitudine a commettere reati. E’ delinquente abituale: un soggetto reiteratamente recidivo per il quale, per presunzione di legge o convinzione del Giudice, sussistono apprezzabili probabilità che commetta in futuro ancora altri fatti costituenti reato.

La «professionalità nel reato» (art. 105 c.p.): oltre alle condizioni richieste per l’abitualità la legge richiede che si accerti che il reo viva abitualmente, anche se solo in parte, dei proventi del reato, secondo un vero e proprio sistema di vita. E’ delinquente professionale: un delinquente abituale che vive abitualmente del provento dei reati commessi.

La «tendenza a delinquere» (art. 108 c.p.): si ha quando il reo riveli una speciale inclinazione al delitto che trovi la sua causa nell’indole particolarmente malvagia del colpevole. E’ delinquente per tendenza: l’autore di un delitto contro la vita o l’incolumità personale che, per la sua indole particolarmente malvagia, rivela speciale inclinazione al delitto (cc.dd. delitti di sangue).

Le dichiarazioni di abitualità, professionalità o tendenza per delinquere importano l'applicazione di misure di sicurezza e possono escludere la concessione della sospensione condizionale della pena.

   

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