In un porto, in via ordinaria ed anche in conformità all’art. 4 del D.Lgs. n. 182/2003, devono essere presenti impianti e servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico opportunamente dimensionati e gestiti in relazione alla classificazione dello scalo stesso, dei servizi presenti nel portoe alle tipologie e frequenze dei traffici marittimi, al fine di assicurare il rapido conferimento di detti rifiuti e residui, evitando ingiustificati ritardi e garantendo nel contempo standard di sicurezza per l'ambiente e per la salute dell'uomo raggiungibili con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili.
L’impianto portuale di raccolta è definito come una qualsiasi struttura fissa, galleggiante o mobile collocata all’interno del porto dove possono essere conferiti i rifiuti della nave ed i residui del carico prima che vengano avviati al recupero o allo smaltimento.
Ogni porto è dotato di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi[1] [1] e dei residui del carico adeguati in relazione alla classificazione dello stesso porto[2] [1] .
In generale possono prevedersi tre differenti tipi di impianti:
Il dimensionamento, la collocazione e le caratteristiche basilari di tali impianti, siano essi fissi, mobili o galleggianti, deve essere commisurata alla tipologia ed al quantitativo di rifiuti prodotti da navi e di residui del carico provenienti dalle navi che in via ordinaria approdano nel porto, tenuto conto delle esigenze operative degli utenti dello scalo, dell'ubicazione geografica, delle dimensioni del porto e della tipologia delle navi che vi fanno scalo, e deve essere conforme a quanto previsto nel «piano di raccolta» e «piano di gestione» dei rifiuti disciplinati dall'art. 5 del D. Lgs. 182/03. nonché delle esenzioni di cui all'articolo 7, comma 1. Tali impianti devono inoltre conformarsi alle vigenti disposizioni di sicurezza e di prevenzione incendi (es. D.Lgs. n. 81/2008, “Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”)
Non si esclude che un porto possa dotarsi di più tipologie di impianti contemporaneamente, in relazione alle proprie esigenze, indipendentemente dalle classi di dimensioni individuate in precedenza. Gli impianti dovranno essere strutturati in modo tale da assicurare un rapido conferimento dei rifiuti, evitando ingiustificati ritardi ai soggetti conferitori e garantendo, nel contempo, i necessari standard di sicurezza per l’ambiente e la salute dell’uomo, comprese le conformità previste dalle vigenti disposizioni in materia di prevenzione incendi, anche con l’ausilio delle migliori tecnologie disponibili.
Oltre alla presenza di detti impianti, nel porto dovranno essere dislocati appositi contenitori atti a raccogliere sia i rifiuti differenziati che quelli indifferenziati che non possono essere conferiti presso tali installazioni.
Nel «Piano di raccolta» vanno descritte le caratteristiche tecniche e gestionali di tali impianti, come ad esempio:
[1] [1] I rifiuti, comprese le acque reflue e i residui diversi dai residui del carico, ivi comprese le acque di sentina, prodotti a bordo di una nave e che rientrano nell'ambito di applicazione degli allegati I, IV e V della Marpol 73/78, nonché i rifiuti associati al carico di cui alle linee guida definite a livello comunitario per l'attuazione dell'allegato V della Marpol 73/78)
[2] [1]I resti di qualsiasi materiale che costituisce il carico contenuto a bordo della nave nella stiva o in cisterne e che permane al termine delle operazioni di scarico o di pulizia, ivi comprese le acque di lavaggio (slop) e le acque di zavorra, qualora venute a contatto con il carico o suoi residui; tali resti comprendono eccedenze di carico-scarico e fuoriuscite).
Per il buon funzionamento del servizio di gestione dei rifiuti in un porto interessato da un notevole flusso di navi, si può ipotizzare di realizzare, in ambito portuale, una base operativa, ossia un edificio munito di:
Tutte le aree dovranno essere ben delimitate e distinte, mentre nel caso sia predisposta un’area destinata ai rifiuti infiammabili dovranno essere prese tutte le adeguate precauzioni previste dalla normativa antincendio.
Le aree destinate al conferimento e pre-trattamento dei rifiuti pericolosi e non, sono necessarie per una eventuale selezione e cernita nel caso in cui i rifiuti non siano conferiti correttamente differenziati; la superficie dovrà essere impermeabile e dotata di sistemi di raccolta per i reflui che potrebbero fuoriuscire dagli automezzi o derivare dai rifiuti. In queste aree dovrà essere installata apposita cartellonistica esterna per la segnalazione dell’impianto. Dovrà inoltre essere esposto il regolamento dell’impianto in cui saranno indicate: le modalità di conferimento dei rifiuti, gli orari di accesso, gli obblighi e i divieti di chi conferisce, le sanzioni applicabili, i riferimenti del gestore dell’area, le modalità di segnalazione delle inadeguatezze riscontate dagli utenti e un numero telefonico a cui poter comunicare eventuali situazioni di emergenza.
Il settore della messa in riserva deve essere organizzato in aree distinte a seconda della categoria di rifiuto in deposito ed adeguatamente contrassegnate da tabelle ben visibili, per dimensioni e collocazione, in cui siano presenti le seguenti informazioni:
I contenitori o serbatoi fissi o mobili utilizzati per lo stoccaggio devono possedere adeguati requisiti di resistenza in relazione alle proprietà chimico-fisiche ed alle caratteristiche di pericolosità del rifiuto e devono essere provvisti di sistema di chiusura, di accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento, travaso e svuotamento.
L’area destinata alla messa in riserva dei rifiuti pericolosi può essere organizzata anche in scaffalature con più livelli in altezza dove è possibile movimentare i rifiuti con muletti o altro mezzo di trasporto idoneo. In ogni singola scaffalatura devono essere stoccati rifiuti compatibili della medesima categoria; se questi si presentano allo stato liquido o contengono liquidi che possono fuoriuscire, le scaffalature devono essere dotate di apposito bacino di contenimento in modo da poter recuperare eventuali sversamenti. L’utilizzo delle scaffalature deve comunque garantire la sistemazione del rifiuto in totale sicurezza e l’accessibilità agli stessi per verificare eventuali perdite.
Per definire i volumi necessari per la messa in riserva è possibile ipotizzare, indicativamente, il rapporto tra i volumi di rifiuti pericolosi da conferire sulla volumetria disponibile pari a: 1 mc (rifiuti): 6 mc (spazio). Per dimensionare invece l’area di messa in riserva dei rifiuti non pericolosi il rapporto è pari circa ad 1 mc (rifiuto): 3 mc (spazio necessario). Tali rapporti potranno essere in ogni caso ottimizzati adottando le migliori tecnologie disponibili.
Il trasporto di rifiuti non pericolosi dall’area destinata al conferimento alla zona per la messa in riserva avverrà tramite cassoni scarrabili opportunamente identificati.
La base operativa dovrà essere localizzata in un’area logisticamente idonea per l’espletamento del servizio e sarà costituita da un fabbricato di estensione variabile, ma la cui superficie sia tale da consentire una movimentazione dei rifiuti e delle attrezzature in ingresso ed in uscita in sicurezza.
Per i rifiuti costituiti da prodotti alimentari per l’approvvigionamento dell’equipaggio e dei passeggeri e i loro residui sbarcati da mezzi di trasporto commerciali, nazionali ed esteri, provenienti da Paesi extra-UE (così come definiti dal Decreto del Ministero della Sanità del 22 maggio 2001) e che devono essere smaltiti in impianti di incenerimento (o in discarica previa sterilizzazione) potrebbe rendersi utile, in seguito alla valutazione delle reali necessità, la realizzazione di un impianto di sterilizzazione presso la base operativa; per lo stesso dovrà essere predisposta un’area di conferimento dedicata.
Per il servizio di raccolta dei rifiuti nei porti di medie dimensioni si dovranno realizzare una o più aree attrezzate, a seconda delle caratteristiche del porto; infatti può riscontrarsi la necessità di predisporre distinte aree attrezzate da destinare alle navi soggette a notifica, alla flotta pescherecci e/o ai diportisti (ad esempio nel caso in cui il porto turistico sia completamente separato dal resto del porto).
Le aree attrezzate dovranno assicurare la raccolta dei seguenti rifiuti sia pericolosi che non pericolosi; tra i rifiuti pericolosi si ricordano:
Per l’area si dovrà stabilire il quantitativo giornaliero massimo stoccabile, che usualmente, è pari a circa 25 ton.
I rifiuti pericolosi liquidi conferiti presso l’area attrezzata saranno stoccati in serbatoi idonei a contenere sostanze liquide pericolose ed in particolare dovranno essere muniti di:
L’area attrezzata potrà essere anche munita di appositi contenitori per la raccolta dei rifiuti differenziati (umido/organici, vetro, lattine, carta e cartone, plastica, umido, ecc.) ed indifferenziati, predisponendo per i cassonetti dell’umido una raccolta frequente.
L’area attrezzata dovrà soddisfare i seguenti requisiti:
La copertura dell’area attrezzata potrà essere costituita a falde in laminato metallico, con una superficie piana maggiore del basamento per meglio garantire l’allontanamento dell’acqua piovana.
Si dovrà inoltre prevedere l’installazione di apposita cartellonistica esterna per la segnalazione dell’impianto. Dovrà inoltre essere esposto il regolamento dell’impianto in cui saranno indicate:
Nel caso di un porto turistico gestito in concessione, al fine di garantire la corretta gestione dei rifiuti raccolti, l’Autorità Marittima o Portuale potrebbe prevedere di richiedere al concessionario:
Sono aree attrezzate per la raccolta dei rifiuti portuali pericolosi, realizzate con il contributo del Consorzio Obbligatorio per gli Oli Usati (COOU) e del Consorzio Obbligatorio per le Batterie al Piombo Esauste (COBAT).
In un porto di piccole dimensioni ed interessato da ridotti traffici navali è in ogni caso necessario assicurare la raccolta dei rifiuti pericolosi prodotti dalle navi in approdo e l’Isola nel porto può rappresentare in questi casi la soluzione ottimale. Le «Isole nel porto» consistono in apposite strutture metalliche coperte (le cui caratteristiche tecniche sono riportate in dettaglio nell’Allegato 1), all’interno delle quali sono collocati differenti contenitori per la raccolta di oli usati, batterie al piombo esauste, filtri dell’olio usati ed eventualmente lattine di olio.
Con lo stesso termine “L’isola nel Porto” ci si riferisce al progetto promosso dal Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU) e dal Consorzio Obbligatorio per le Batterie al Piombo Esauste (COBAT), finalizzato a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della dispersione in mare degli oli lubrificanti usati e delle batterie esauste e sui relativi danni ambientali generati dal fenomeno del “fai da te”. Infatti la nautica costituisce, insieme all’agricoltura e al fai da te nell’autotrazione, uno dei segmenti critici della raccolta di olio lubrificante usato e di batterie al piombo esauste. L’iniziativa è rivolta in particolar modo all’utenza costituita da piccole unità per le quali, essendo relativamente contenuti i volumi di rifiuto prodotti, può risultare relativamente “semplice” liberarsene scaricando gli oli e gettando le batterie direttamente in mare.
Le Isole nel porto costituiscono una struttura funzionale dedicata agli utenti dei porti; che collocate in punti strategici agevolano il conferimento di oli lubrificanti usati, filtri dell’olio e batterie esauste che se raccolti con cura e riutilizzati, forniscono un importante contributo alla bilancia dei pagamenti del nostro Paese, consentendo di risparmiare sulle importazioni sia di piombo che di petrolio. Con l’ultima isola inaugurata nel porto di Venezia, salgono a 59 le isole ecologiche installate in 31 porti italiani e attualmente sono in trattativa numerosi altri porti di interesse sia commerciale che turistico (ad es. Pesaro, Siracusa, Formia (LT), Rimini, Bari).
In conformità del D.Lgs. n. 182/2003 per giungere all’installazione delle isole ecologiche, fornite in comodato d’uso gratuito, ed al successivo avvio del servizio, i due Consorzi richiedono che vengano ad essere soddisfatte le seguenti condizioni:
I risultati finora ottenuti con questa iniziativa sono decisamente positivi: nelle 59 isole ecologiche, sono già state recuperate circa 550 tonnellate di olio lubrificante usato e oltre 4000 tonnellate di batterie esauste.
Altra interessante iniziativa intrapresa dal COOU, assieme al COBAT e al Gruppo Italia Navigando S.p.A., è rappresentata dal progetto “Porti turistici”, tramite cui è stato siglato un protocollo d’intesa per l’attivazione di un servizio di raccolta gratuita dei rifiuti costituiti da oli lubrificanti usati e batterie al piombo esauste anche attraverso l’installazione di appositi centri nei porti turistici. Con questo accordo, i tre soggetti si impegnano alla gestione dei punti di conferimento dei rifiuti pericolosi derivanti dall’attività di diporto, le già collaudate “Isole nel porto”. Anche in questo caso, se il porto turistico è gestito in concessione, l’Autorità Marittima o Portuale potrebbe prevedere di richiedere al concessionario:
Isola nel porto
L’Isola nel porto è costituita da un gazebo zincato a caldo e verniciato generalmente in azzurro e a base esagonale. Sul basamento esagonale in lamiera è posizionata una pavimentazione in ferro grigliato calpestabile.
La cavità tra basamento e pavimentazione costituisce un bacino per la raccolta di quantità di olio usato. Ai sei spigoli del basamento sono collegati sei pali per la tenuta del tetto realizzato in lamiera. La struttura è inoltre chiusa da 6 pannelli in grigliato zincato a caldo e verniciato a tutta altezza, di cui due apribili.
All’interno dell’isola sono posti n° 4 contenitori di colore azzurro:
L’ingombro massimo è di 3 m x 3 m x h. 3.2 m circa e il peso a vuoto stimato è di 850 kg.
SEZIONE DI ISOLA NEL PORTO PIANTA DI ISOLA NEL PORTO
Prospetto di un’usuale Isola nel porto - Caratteristiche tecniche dell’Isola nel porto
Fatta salva la disciplina in materia di concessione di beni demaniali e di servizi esplicitati con mezzi navali in regime di concessione, gli impianti portuali di raccolta sono autorizzati ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006. Tale disposizione non si applica se gli stessi sono considerati depositi temporanei ossia, come definiti nell’art. 183, comma 1, lettera m) del citato decreto, un raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, nel rispetto delle seguenti condizioni:
Nel rispetto al sopramenzionato D.Lgs. n. 152/2006 (art. 208) i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda di autorizzazione alla Regione competente nel territorio; anche in questo caso tali disposizioni non si applicano ai depositi temporanei.
L’affidamento dei lavori per la realizzazione degli impianti portuali di raccolta avviene mediante gara ad evidenza pubblica in conformità alla legislazione nazionale e comunitaria vigente.
Gli impianti portuali di raccolta, se consistono in strutture fisse, ossia inamovibili, sono considerati «opere marittime» e per la loro realizzazione si dovranno considerare le differenti competenze che possono essere presenti in una realtà portuale.
In Italia attualmente l’ordinamento e le attività portuali sono disciplinate con la Legge n. 84 del 28 gennaio 1994 “Riordino della legislazione in materia portuale”; la stessa abroga in parte, ma non del tutto, il Regio Decreto n. 713 del 26 settembre 1904 (che approva il regolamento per la esecuzione della legge sui porti, spiagge e fari) che costituisce ancora il riferimento per l’originaria specifica e nozione di opere portuali e marittime in genere. Già prima dell’emanazione della Legge n. 84/1994, con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 8 del 15 gennaio 1972 “Trasferimento alle Regioni a Statuto Ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici” e il Decreto del Presidente delle Repubblica n. 616 del 24 luglio 197 “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della Legge 22 luglio 1975, n. 382” erano state trasferite alle Regioni le competenze per le opere marittime relative ai porti della seconda categoria dalla seconda classe in poi e quelle relative agli approdi turistici e le aree del demanio marittimo di interesse turistico-balneare (art. 59 del DPR n. 616/197).
La Legge n. 84/1994 ha dato una prima risposta all’esigenza di razionalizzazione e di ammodernamento istituzionale ed operativo dell’ordinamento portuale, istituendo nei principali porti nazionali le Autorità Portuali, enti di diritto pubblico dotati di autonomia organizzativa, finanziaria e decisionale, alle quali sono state affidate, tra le altre, le funzioni di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere portuali. La medesima legge ha introdotto una nuova classificazione dei porti marittimi nazionali (a modifica della classificazione adottata dal RD n. 713/1904), basata su nuovi criteri riguardanti:
Con la Legge n. 30 del 27 febbraio 1998 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 dicembre 1997, n. 457, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l’incremento dell’occupazione”, che ha in parte modificato la Legge n. 84/1994, si specifica che i porti sede di Autorità Portuale appartengono comunque ad una delle prime due classi della categoria II.
I porti, o le specifiche aree portuali di cui alla categoria II, classi I, II e III, hanno le seguenti funzioni:
a) commerciale;
b) industriale e petrolifera;
c) di servizio passeggeri;
d) peschereccia;
e) turistica e da diporto.
A distanza di oltre dieci anni dall’emanazione, la nuova normativa non è ancora a regime per la mancata emissione del Decreto Ministeriale con cui dovranno essere individuati i porti o le specifiche aree portuali appartenenti alla categoria I.
La riorganizzazione sopradescritta prevede che siano di competenza regionale le funzioni amministrative concernenti le opere marittime relative ai porti di categoria II, classi II e III, mentre spetta allo Stato l’onere per la realizzazione delle opere nei porti di categoria I e per le opere di grande infrastrutturazione nei porti appartenenti alla categoria II, classi I e II. Infine spetta alle Regioni interessate l’onere per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di categoria II, classe III.
Con il Decreto Legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del Capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59” è stata confermata la precedente normativa sulla ripartizione delle competenze, prevedendo il conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative relative:
Nei porti di categoria II, classi I, II e III, con esclusione di quelli aventi le funzioni turistiche e da diporto, l’ambito e l’assetto complessivo del porto, comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie, sono rispettivamente delimitati e disegnati dal "Piano Regolatore Portuale" che individua inoltre le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate. Le previsioni del Piano Regolatore Portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti. Nei porti nei quali è istituita l’Autorità Portuale, il Piano Regolatore è adottato dal Comitato portuale, previa intesa con il Comune o i Comuni interessati. Nei porti di categoria II nei quali non è istituita l’Autorità Portuale, il Piano Regolatore è adottato dall’Autorità Marittima, previa intesa con il Comune o i Comuni interessati. Il Piano è quindi inviato per il parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il Piano Regolatore relativo a tutti i porti di categoria II, esaurite le procedure di consultazione, è sottoposto alla valutazione dell’impatto ambientale ed è quindi approvato dalla Regione competente.
Links:
[1] http://www.nonnodondolo.it/../1/edit%2322