Pubblicata su Attività di polizia marittima e giudiziaria (http://www.nonnodondolo.it)

Home > I piani di raccolta e di gestione dei rifiuti

I piani di raccolta e di gestione dei rifiuti

Per «gestione dei rifiuti» si intende l'insieme delle politiche volte a gestire l'intero processo dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla loro sorte finale. Per ciascun porto è elaborato un «piano di raccolta e di gestione dei rifiuti». Il piano è valutato e approvato dallo Stato membro interessato. Si procede ad una nuova approvazione almeno ogni tre anni.

Il Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali ha come obiettivo principale quello di fornire una dettagliata descrizione del servizio relativo dell’intero «ciclo di gestione» rifiuti, e coinvolge quindi la raccolta, la differenziazione, il trasporto, il trattamento (reiciclaggio o smaltimento) e anche il riutilizzo dei materiali di scarto, nel tentativo di evitare che vi siano dispersioni in mare di detti rifiuti, prevenendo così l’inquinamento dell’ambiente marino.Nel Piano è inoltre riportata una breve descrizione o un semplice elenco della normativa presa in riferimento per l’elaborazione. A titolo esemplificativo e non esaustivo, le norme internazionali, europee ed italiane, sono:

• Direttiva 91/156/CEE;

• Direttiva 91/689/CEE;

• Direttiva 94/62/CE;

• Direttiva 2000/59/CE;

• D.Lgs. n. 152/2006;

• D.Lgs. n. 182/2003.

Numerosi Protocolli, Convenzioni e Accordi sono stati siglati fra Stati per tutelare i mari e, nello specifico della «gestione dei rifiuti» prodotti dalle navi, è stata adottata in particolare la Direttiva 2000/59/CE che regolamenta anche i residui di carico delle stesse e si propone di perseguire due obiettivi: la semplificazione e la migliore efficacia della Convenzione MARPOL 73/78, ponendosi anche come collegamento fra la stessa e la normativa di riferimento in materia di rifiuti  rappresentata dalla Direttiva 95/21/CE[1] [1].

La Direttiva 2000/59/CE, in aggiunta alle prescrizioni previste a livello internazionale, prevede delle disposizioni più restrittive (anche se il suo ambito territoriale di applicazione è limitato alle navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri a prescindere dalla loro bandiera) ed inoltre definisce, in termini univoci, che, a prescindere dalla definizione data a livello internazionale, anche i residui del carico (e le acque reflue) sono da considerarsi rifiuti ed essi, pertanto, ricadono nell’ambito di competenza della normativa in materia (per esempio per ciò che riguarda le regole sulla loro circolazione, i procedimenti autorizzatori, ecc.). In realtà anche la Convenzione MARPOL 73/78 prevede la realizzazione, “al più presto”, di impianti di raccolta per residui di idrocarburi e per ricevere e trattare la zavorra inquinata e le acque di pulitura delle cisterne delle petroliere, acque di scarico e i rifiuti (definiti nell’Allegato V), ma solo nella Direttiva 2000/59/CE si prevedono misure specifiche da realizzare a scadenze predeterminate.

Un’altra peculiarità della Direttiva è che, rispetto ai tempi lunghi rimessi al potere discrezionale delle parti sottoscriventi la Convenzione, adotta disposizioni più stringenti che incidono non solo, come si è detto, sulla circolazione, trattamento e recupero dei rifiuti prodotti da navi, ma soprattutto su:

  1. l’organizzazione e sulla tipologia degli impianti portuali di raccolta, attraverso appositi piani;
  2. il procedimento di notifica preventiva, posta a carico del comandante della nave per il conferimento dei rifiuti agli impianti portuali;
  3. il regime dei controlli;
  4. le “misure di accompagnamento”, con elencazioni dettagliate degli obblighi strumentali, intestati alle autorità competenti;
  5. la previsione di un sistema sanzionatorio, da definire secondo i principi generali comunitari.

Con questa Direttiva si è creato un sistema di prescrizioni che mira a raggiungere un elevato grado di tutela attraverso regole di incentivazione (giuridiche, tecniche e finanziarie) sul conferimento agli impianti portuali, riducendo così gli scarichi in mare dei rifiuti e dei residui di carico, provenienti da tutti i tipi di navi, sia che si tratti di scarichi leciti, ma soprattutto illeciti.

E’ importante rilevare che, nonostante il carattere di “linea guida” della Direttiva in oggetto, la stessa prevede già un meccanismo coercitivo che si sostanzia in ispezioni da parte dell’autorità competente nel sito portuale, il cui esito negativo può dar luogo al divieto di lasciare il porto, al quale si possono aggiungere sanzioni economiche specifiche previste dal singolo Stato membro.

In conclusione l’Unione Europea ha adottato un approccio incisivo per la protezione del mare da scarichi di rifiuti e residui provenienti da navi, attraverso un meccanismo di regole, non solo repressive, ma anche incentivanti, che rendono più agevole e più conveniente, per i Comandanti delle navi, conferire rifiuti e residui ai porti piuttosto che scaricare in mare, sia quando rischiano una pena per fatto illecito, sia quando lo scarico sarebbe consentito dalle Convenzioni internazionali e le relative leggi nazionali di ratifica.

In Italia la «gestione dei rifiuti» è regolamentata dal D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, “Norme in materia ambientale” come modificato dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, dove, nella Parte IV, vengono descritti tutti gli obblighi e vincoli previsti per il settore rifiuti. Lo stesso decreto prevede l’abrogazione di numerose norme fra cui il D.Lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997, che per anni ha rappresentato il principale testo di legge del settore.

I rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico sono regolamentati da un apposito decreto legislativo e precisamente dal D.Lgs. n. 182/2003 con il quale è stata recepita la citata Direttiva Comunitaria n° 2000/59/CE. Le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 182/2003 sono state confermate dal D.Lgs. n. 152/2006 nell’art 232.

Il D.Lgs. n. 182/2003 si applica a tutte le navi, compresi i pescherecci e le imbarcazioni da diporto (a prescindere dalla loro bandiera) che fanno scalo o operano in un porto dello Stato ed ai porti dello Stato ove fanno scalo le suddette navi. Il Decreto Legislativo n. 182 non si applica alle navi militari da guerra ed ausiliarie o di altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali.

Rispetto alla Direttiva 2000/59/CE, il decreto legislativo 182/03, amplia il concetto di gestione dei rifiuti, introducendo, a fianco alla previsione di impianti portuali, la fornitura di servizi per la raccolta e gestione dei rifiuti, adeguati alla classificazione del porto e al traffico di navi che scalano il medesimo porto.

In attuazione delle citate disposizioni sopranazionali, con D.Lgs. del 24 giugno 2003 n. 182, sono state emanate norme di dettaglio la cui applicazione è demandata alle Autorità marittime e alle regioni.

La disciplina prevista nel D. Lgs. 182/2003 si applica a tutte le navi di qualsiasi tipo (inclusi aliscafi, aircraft (2 NOTA), sommergibili e galleggianti), compresi i pescherecci e le unità da diporto, a prescindere dalla loro bandiera, ai porti dello Stato ove fanno scalo o operano le predette unità, ad esclusione delle navi militari da guerra ed ausiliarie o di altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali" (art. 3). Obiettivo del decreto è quello di ridurre gli scarichi in mare, in particolare  quelli illeciti, dei rifiuti e dei residui del carico prodotti ndalle navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato, nonché di migliorare la disponibilità e l’utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i suddetti rifiuti e residui.


[1] [1] In ambito comunitario la norma di riferimento in materia di rifiuti è rappresentata dalla Direttiva 91/156/CEE , la quale, fra l’altro, prevede che:

  • gli Stati membri adottino le misure appropriate per promuovere:
  1. in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti;
  2. in secondo luogo, il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie, o l’uso di rifiuti come fonte di energia;
  • gli Stati membri adottino le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente;
  • le imprese o gli stabilimenti che provvedono al trattamento, allo stoccaggio o al deposito di rifiuti per conto di terzi debbano ottenere dall’autorità competente un’apposita autorizzazione;
  • conformemente al principio “chi inquina paga”, il costo dello smaltimento dei rifiuti sia sostenuto dal detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad un’impresa, dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto generatore di rifiuti.

[2] [1] veicoli a cuscino d'aria

Campo di appicazione ed esclusioni

Il Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali - adeguato ad ogni singola realtà portuale - contiene tutte le “informazioni” [1] [1] richieste dalla Direttiva 2000/59/CE e relative ad un Piano per la raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico, e, in aggiunta, prende in considerazione anche le altre tipologie di rifiuti normalmente raccolti in un porto. L’obiettivo che si intende perseguire con l’elaborazione di un Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali è di predisporre una gestione unitaria ed integrata di tutti questi rifiuti, in grado di assicurare alti livelli di protezione per la salute e la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente.

► Esso si applica ai rifiuti:

  • prodotti dalle navi, siano esse soggette a notifica (navi destinate al trasporto di merci o di passeggeri, o unità da diporto omologate per oltre 12 passeggeri) o non soggette a notifica (pescherecci e unità da diporto omologate per un massimo di 12 passeggeri), a prescindere dalla loro bandiera, che fanno scalo o che operano presso il porto (ormeggiate in porto ovvero stazionanti in rada), fra cui:
  1. rifiuti derivanti dalle attività di bordo, compresi i rifiuti alimentari provenienti da Paesi extra-UE;
  2. oli esauriti e residui oleosi;
  3. rifiuti speciali pericolosi e non;
  4. acque nere.
  • genericamente prodotti nell’area portuale
  • derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali

Sono esclusi dal campo di applicazione del Piano i rifiuti provenienti da:

  • navi militari da guerra ed ausiliarie
  • altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali e fini non commerciali
  • attività svolte all’interno delle aree in concessione a soggetti privati

Peraltro, per quanto attiene alle "navi militari" da guerra ed ausiliarie e le navi «in servizio governativo» delle forze di polizia ad ordinamento civile, con decreto ministeriale, D.M. 19 marzo 2008, recante “Misure necessarie per il conferimento da parte delle navi militari da guerra e ausiliarie dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2 del decreto legislativo 24 giuno 2003, n. 182”, sono state stabilite le misure necessarie per il conferimento dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, in conformità alla normativa vigente in materia, tenuto conto delle specifiche prescrizioni tecniche previste per dette navi e delle caratteristiche di ogni unità.

Quanto alle modalità di gestione degli impianti portuali di raccolta previsti dal D. Lgs. 182/2003, è stabilito che l’Autorità portuale, previa consultazione delle parti interessate e, in particolare, degli enti locali, dell’Ufficio di sanità marittima e degli operatori dello scalo o dei loro rappresentanti, elabori un «piano di raccolta dei rifiuti» prodotti dalle navi e dei residui del carico, il quale va poi approvato dalla regione che provvede ad integrarlo con il piano regionale di gestione rifiuti. Il riferimento è effettuato, dall’articolo, al D.L.vo 22/1997 ma, come già osservato riguardo ad altri richiami alla previgente normativa, stante la sostanziale continuità tra le diverse disposizioni, deve intendersi ora riferito all’articolo 196 del D.L.vo 152/2006.

In attuazione del piano, è prevista, con onere a carico del gestore del servizio, la realizzazione di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico adeguati in relazione alla classificazione dello stesso porto (laddove adottata ovvero in relazione al traffico registrato nell'ultimo triennio), al fine di assicurare il rapido conferimento di detti rifiuti e residui, evitando ingiustificati ritardi e garantendo nel contempo standard di sicurezza per l'ambiente e per la salute dell'uomo raggiungibili con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili (articolo 4).

La capacità degli impianti portuali di raccolta realizzati, siano essi strutture fisse, mobili o galleggianti, è commisurata alla tipologia ed al quantitativo di rifiuti prodotti da navi e di residui del carico provenienti dalle navi che in via ordinaria approdano nel porto, tenuto conto delle esigenze operative degli utenti dello scalo, dell'ubicazione geografica e delle dimensioni del porto, della tipologia delle navi che vi fanno scalo e deve essere conforme a quanto previsto nel piano di raccolta e piano di gestione dei rifiuti disciplinati dall'art. 5 del D. Lgs. 182/03, nonché delle esenzioni di cui all'articolo 7, comma 1. Tali impianti devono inoltre conformarsi alle vigenti disposizioni di sicurezza e di prevenzione incendi (es. D.Lgs. n. 81/2008, “Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”).E’ opportuno rilevare che, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 81/1994, il soggetto pubblico o privato che intenda realizzare un impianto fisso di raccolta deve preventivamente ottenere il rilascio di una «concessione demaniale» da parte dell’Autorità portuale, limitatamente agli scali marittimi ove la stessa sia stata istituita. Tale autorizzazione tuttavia non è da sola sufficiente ai fini dell’espletamento delle attività di raccolta rifiuti: è altresì necessario, infatti, l’ottenimento dell'autorizzazione rilasciata dalla Regione competente per territorio, la cui validità è di 5 anni (cfr. artt. 208 e ss. D.Lgs. n. 152/2006).

 


[1] [1] Per definire le tipologie e le quantità dei rifiuti portuali è necessario preliminarmente acquisire le seguenti informazioni:

  • per i rifiuti prodotti dalle navi si deve stabilire quali sono le tipologie di navi e di traffici marittimi usuali nel porto.

Le tipologie di navi che normalmente scalano in un porto possono dividersi in:

  1. navi mercantili, navi passeggeri,
  2. pescherecci ed imbarcazioni da diporto.

Le prime hanno una produzione di rifiuti varia, comprendente i residui oleosi liquidi o fangosi, i rifiuti assimilabili agli urbani prodotti dall’equipaggio e dall’attività di bordo, e i residui del carico o associati al carico trasportato.

Le navi passeggeri invece hanno una produzione rilevante di rifiuti urbani/assimilabili, mentre pescherecci e imbarcazioni da diporto hanno una produzione limitata di tutte le tipologie di rifiuti.

Per valutare i traffici marittimi devono essere considerati:

  1. il movimento di navi;
  2. il movimento di merci.

Questi dati possono essere reperiti presso le locali Autorità Marittime e/o Autorità Portuali.

  • Per i rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale è necessario definire:
  1. il perimetro e l’area portuale entro cui deve essere svolto il servizio;
  2. la presenza e dislocazione di aree in concessione;
  3. la presenza di stazioni marittime passeggeri;
  4. la presenza e dislocazione di attività commerciali, produttive e di servizi.

Per i rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali dovranno  essere chiaramente delimitate:

  1. le superfici degli specchi acquei da sottoporre al servizio di pulizia;
  2. il perimetro e l’area portuale entro cui deve essere svolto il servizio di spazzamento.

Queste informazioni preliminari saranno utilizzate per determinare l’origine dei diversi rifiuti portuali e dovranno essere associate ai dati relativi ai loro quantitativi, recuperati tramite la consultazione dei Moduli di notifica per i rifiuti prodotti dalle navi, dei MUD e dei soggetti concessionari del servizio di raccolta per le altre due tipologie di rifiuti.

 

Obblighi di notifica e di conferimento: valutazione dei dati contenuti nelle notifiche trasmesse all’Autorità Marittima o Portuale

In base a quanto stabilito all’art. 6 del D.Lgs. n. 182/2003, il Comandante di una nave mercantile, senza discriminazine di bandiera, diretta verso un porto italiano deve provvedere a trasmettere, all’Autorità competente nel porto (Autorità portuali o, laddove non istituite, le Autorità marittime), il «modulo di notifica». Sfuggono alla regola le navi militari da guerra ed ausiliarie o altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali, i pescherecci, le unità da diporto omologate per un massimo di 12 passeggeri e le navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari. Anche i mezzi che svolgono attività di raccolta e di trasporto di rifiuti nell’ambito e per conto del proprio impianto portuale di raccolta e che ne costituiscono parte integrante non sono tenuti a comunicare la predetta notifica.

Nella notifica vanno riportate le quantità e la tipologia di rifiuti e residui trasportati, indicando quanti di questi debbono essere conferiti o trattenuti a bordo, oltre alla percentuale della capacità massima di stoccaggio possibile consentita della nave.

Per compiere un esame dei dati sui rifiuti contenuti nelle notifiche si possono verificare:

  1. il numero di notifiche rispetto al numero di arrivi attestati nell’apposito registro dell’Autorità competente nel porto per l’arco di tempo esaminato o disponibile;
  2. le modalità di rilevazione delle notifiche e di informatizzazione delle stesse presso l’Autorità Marittima e/o Portuale;
  3. il quantitativo dei rifiuti indicati, la percentuale dei campi compilati, non compilati o compilati male sul totale delle notifiche esaminate;
  4. le congruenze tra le capacità di stoccaggio e le quantità conferite o che verranno conferite nel porto successivo.

In merito alle acque di sentina e ai rifiuti da cucina e mensa, si sottolinea che sembra consuetudine per le navi scaricare questi rifiuti direttamente in mare in conformità con le procedure sancite dalla Convenzione MARPOL 73/78.

Gli obblighi di notifica della situazione relativa ai rifiuti a bordo da smaltire, di cui trattano le disposizioni generali in materia di rifiuti, sono imposti, entro i limiti temporali rigorosi, al Comandante della nave diretta verso un porto situato nel territorio nazionale mediante compilazione di «apposito modulo» da consegnarsi all’Autorità marittima competente.

Il modello dovrà essere trasmesso all’Autorità marittima comtetente almeno 24 ore prima dell'arrivo nel porto di scalo, se detto porto è noto. Qualora il porto di scalo venga conosciuto a meno di 24 ore dall'arrivo, la predetta notificazione va effettuata non appena il porto di scalo è noto. Se la durata del viaggio è inferiore a 24 ore, tale notificazione va effettuata prima della partenza dal porto di scalo precedente. A notifica avvenuta, l'Autorità marittima trasmette i dati all'Autorità portuale, laddove istituita, al gestore dell'impianto di raccolta, all'ufficio di sanità marittima ed agli uffici veterinari.

Non sono sottoposti al predetto obbligo di notifica i pescherecci e le unità da diporto, omologate per un massimo di 12 passeggeri, dovendosi intendere però tale limite non comprensivo del numero dei componenti l'equipaggio.

Ricevuta la notifica, l'Autorità Marittima trasmette a sua volta i dati all'Autorità portuale, laddove istituita, al gestore dell'impianto di raccolta, agli uffici di Sanità Marittima ed agli Uffici Veterinari di porto. Le navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari possono fornire le informazioni di cui sopra cumulativamente all'Autorità Marittima dello scalo di conferimento dei rifiuti.

Valutazione dei dati provenienti dai MUD – Modelli Unici di Dichiarazione ambientale

Il MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) deve essere obbligatoriamente compilato da chiunque effettua a titolo professionale o svolge attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, ovvero svolge operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi ed i consorzi istituiti con le finalità di recuperare particolari tipologie di rifiuti (rif. art. 189, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006).

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006 i produttori di rifiuti non pericolosi (industria, commercio, artigianato e servizi) non hanno più l’obbligo di presentare il MUD (art. 189) e pertanto non sarà più possibile quantificare tali rifiuti con questa modalità; è comunque consigliabile ricercare alcuni dati storici sui rifiuti portuali non pericolosi analizzando i MUD relativi agli anni precedenti il 2005.

I dati derivanti dai MUD, riferiti a periodi di un anno, anche se acquisiti in modo indiretto, permettono di:

  1. valutare le tipologie e i quantitativi di rifiuti dichiarati dalle aziende concessionarie del servizio di raccolta dei rifiuti portuali;
  2. compiere una prima caratterizzazione della produzione di rifiuti provenienti da attività commerciali, produttive e di servizi presenti nell’area portuale.

Valutazione dei dati reperiti presso i soggetti concessionari dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali

E’ possibile reperire numerose informazioni sui rifiuti portuali anche consultando i differenti soggetti concessionari dei servizi di raccolta. I dati andrebbero distinti considerando:

  1. la provenienza dei rifiuti;
  2. le differenti tipologie raccolte, compiendo anche una distinzione fra i rifiuti urbani o ad essi assimilati e/o assimilabili, e i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi;
  3. i relativi quantitativi;
  4. le modalità di raccolta.

Nel caso in cui siano disponibili solo dati parziali sarà necessario compiere, in collaborazione con le ditte medesime, una stima dei quantitativi di rifiuti portuali mediamente raccolti basandosi sul numero di conferimenti effettuati presso gli impianti portuali, sul numero e dislocazione dei cassonetti presenti nell’area, sulla frequenza media di svuotamento annuale e sul quantitativo medio di rifiuti raccolti (kg) con ogni svuotamento, le principali tipologie di rifiuti raccolte, non sottovalutando le variabilità stagionali in porti soggetti a flussi turistici di passeggeri.

In ogni caso è buona prassi che, in fase di affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali, l’Autorità competente nel porto preveda che i soggetti incaricati comunichino periodicamente informazioni dettagliate circa la provenienza, quantità e tipologie dei rifiuti portuali raccolti.

Un esempio di come organizzare i dati raccolti relativi a questi rifiuti è riportato nella Tabella seguente:

Schema tipo per il riepilogo delle informazioni raccolte presso le ditte concessionarie
dei servizi di raccolta

©2013/2014 Nonno Dondolo  |  Leggi attentamente il disclaimer   |  Privacy

Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

Contatore sito


URL di origine: http://www.nonnodondolo.it/content/piani-raccolta-e-gestione-dei-rifiuti

Links:
[1] http://www.nonnodondolo.it/../1/edit%2322