Per «demanio» in genere si intendono il complesso di beni mobili e immobili di proprietà dello Stato destinati, per natura o per legge, al soddisfacimento di una funzione pubblica e perciò sottratti al commercio, beni con i quali la collettività entra in rapporto di fruizione diretto e gratuito.
Ne fanno parte come prescrive l’art. 822 Codice civile il lido del mare, la spiaggia, le rade, i porti, i fiumi, i torrenti, i laghi, le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia, le opere destinate alla difesa nazionale, le strade statali, le autostrade, le strade ferrate, gli aerodromi, gli acquedotti, gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia, le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche, ecc.
Il demanio destinato a soddisfare gli «usi pubblici del mare» - quelli concernenti le attività in connessione diretta col mare (pesca, navigazione, traffico marittimo, ecc.) e quelli che presuppongono l'utilizzazione indiretta a favore della collettività (diporto, balneazione, ecc.) - rientra nella categoria del «demanio marittimo».
I beni demaniali marittimi fanno parte del "demanio necessario". Il demanio necessario comprende tutti quei beni immobili che devono essere demaniali ipso facto: sono in altre parole demaniali per natura.
La natura demaniale di tali beni si fonda, primariamente, sulla potenziale utilizzabilità degli stessi per i cosiddetti usi pubblici del mare (diporto, balneazione, pesca, ecc.) coerentemente con la loro naturale destinazione.
I beni del demanio marittimo costituiscono, per la vastità dell’estensione territoriale e la particolarità delle utilizzazioni, la categoria di beni pubblici di maggiore rilievo ambientale.
I beni facenti parte del demanio marittimo sono elencati nell’art. 28 del Codice della navigazione (generalmente considerato come una specificazione integrativa dell’art. 822 del codice civile).
Il «mare territoriale» non è incluso fra i beni demaniali. Tale esclusione, però, non costituisce ostacolo alla possibilità di concessione amministrativa (art. 524 norme trans. e complementari) per l'uso di quel mare (è un esempio di concessione al fine di produzione, in cui il bene demaniale si pone esso stesso come mezzo di produzione: concessioni di pesca, per lo sfruttamento del fondo marino, per l'estrazione e la raccolta di arena e di ghiaia, ecc.).
E’ comunque pacifica la natura demaniale del mare territoriale che in quanto res communis omnium, non può essere ritenuto di proprietà statale Il mare territoriale non rientrando tra i beni demaniali è da considerarsi nella sua totalità (acqua, fondo, sabbia, ecc.) «res nullius» (non costituisce furto l'esportazione di sabbia dal fondo del mare).
La dottrina più recente ha suddiviso il demanio marittimo in «demanio portuale» e «demanio costiero», individuando le differenze intercorrenti tra le due categorie nel carattere naturale del demanio costiero a fronte dell’artificialità e della strutturazione economico-imprenditoriale del demanio portuale.
I beni demaniali in quanto appartengono allo Stato e sono destinati, per natura o per legge, al soddisfacimento di una funzione pubblica e in particolare non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti da leggi specifiche per la materia in oggetto. Da ciò consegue la loro:
Possono tuttavia essere dati in concessione d’uso. L’attribuzione ai privati di diritti di godimento su beni del demanio marittimo si realizza attraverso provvedimenti unilaterali di "concessione", provvedimenti rientranti nell’ampio concetto di “provvedimenti di polizia amministrativa”, e non attraverso contratti di diritto comune; ed il loro godimento a scopi lucrativi (da parte dei privati) non può avvenire gratuitamente.
L'art. 36 del Cod. nav. prevede la possibilità di concessione dell'occupazione e uso, per fini compatibili con le esigenze dell'interesse pubblico, di zone del mare territoriale.
Le funzioni amministrative aventi finalità turistiche e ricreative, concernenti l’utilizzazione a tali scopi del demanio marittimo, sono state demandate alle Regioni a statuto ordinario dall’art.30 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Con D.lgs. 3 marzo 1998, n. 112 (in attuazione della Legge Bassanini n. 59/97), tutta la gestione amministrativa dei beni demaniali marittimi è stata trasferita alle "Regioni a statuto ordinario" ad eccezione dell’amministrazione dei beni demaniali afferenti le “fonti di approvvigionamento di energia” che rimangono, sotto la gestione statale (ad esempio, concessione ad industrie petrolchimiche per occupazioni di aree demaniali e di specchi acquei, concessione per impianti di rifornimento carburante su area demaniale, ecc)
Dalla gestione regionale rimangono esclusi i beni che interessano la difesa dello Stato o la difesa del territorio nazionale.
I beni facenti parte del demanio marittimo sono elencati nell’art. 28 del Codice della navigazione (generalmente considerato come una specificazione integrativa dell’art. 822 del Codice civile).
La dottrina più recente ha suddiviso il demanio marittimo in «demanio portuale» e «demanio costiero», individuando le differenze intercorrenti tra le due categorie nel carattere naturale del demanio costiero a fronte dell’artificialità e della strutturazione economico-imprenditoriale del demanio portuale.
Non fanno parte del demanio marittimo, il "mare territoriale" (si estende per 12 miglia verso il largo a partire dalla linea di base, detta anche "linea verde" (carta ufficiale 330 L.B.) che, in quanto res communis omnium , non può essere ritenuto di proprietà statale, nonché i golfi, i seni e le baie (art. 2 Cod. nav.). Il mare territoriale non rientrando tra i beni demaniali è da considerarsi nella sua totalità (acqua, fondo, sabbia, ecc.) «res nullius» (non costituisce furto l'esportazione di sabbia dal fondo del mare). Ad ogni modo, per l’occupazione e l’uso di zone del mare territoriale (concessioni di pesca, sfruttamento del fondo marino, estrazione e raccolta di arena e di ghiaia, ecc.). e per l’esercizio della polizia sul mare territoriale si applicano le disposizioni del Codice della navigazione e del relativo Regolamento di esecuzione ((art. 524 norme trans. e complementari). Le rade demaniali, ai fini del diritto internazionale, sono classificate non come mare territoriale, ma come acque marittime interne (e così pure i porti e le acque comprese tra più isole).
Riguardo alla «gestione» del demanio marittimo, il Codice della navigazione detta norme di carattere generale atte a regolare l’estensione esatta fra questo ed i beni privati prevedendo il ricorso a specifici «procedimenti» per le più significative vicende dei beni demaniali marittimi.
Delimitazione: picchetti lapidei
Alla luce nel nuovo quadro normativo introdotto dalla riforma Bassanini...
L’originario quadro normativo, delineato sia dal Codice della Navigazione, sia dal Regolamento della navigazione marittima, è stato modificato sulla spinta dell’evoluzione socio-economica e politica dello Stato, che ha portato alla formazione di un complesso di leggi, che pian piano ha "svuotato" di contenuti il tradizionale principio posto dall’art. 30 Cod. nav. (“L’amministrazione delle Infrastrutture e dei Trasporti regola l’uso del demanio marittimo e vi esercita la polizia”) dell’esclusiva competenza dell’Autorità Marittima sulla gestione dei beni demaniali marittimi.
Con la riforma «Bassanini» (D.lgs. nn. 59 e 127 del 1997), passando per il D.lgs n. 112/98, per finire alla L. n. 172/2003, infatti, è profondamente mutano il regime della gestione dei beni demaniali marittimi, e tale cambiamento mal si concilia col vigente Codice della navigazione cui, tra l’altro, tali leggi dedicano poche norme e, tra queste, quelle dedicate al demanio marittimo sono appena accennate.
La disciplina dei beni demaniali marittimi, ed il conseguente esercizio degli svariati poteri di polizia amministrativa latu sensu (rilascio, revoca, decadenza delle concessioni e/o autorizzazioni, regolamentazione degli spazi demaniali, potere di ingiungere lo sgombero, emanazione di ordinanze di polizia marittima, ecc.), è oggi notevolmente variata a causa del conferimento di tali poteri alle Regioni e agli Enti locali cui ha fatto, inevitabilmente, seguito il delinearsi di una disciplina normativa ed amministrativa di non facile interpretazione.
L’art. 105 del D.lgs. n. 112/1998 (in attuazione alla legge Bassanini n. 59/1997) ha conferito tutta la gestione amministrativa dei beni demaniali marittimi dallo Stato alle «Regioni a Statuto ordinario» ad eccezione dell’amministrazione dei beni demaniali afferenti le “fonti di approvvigionamento di energia” (es. concessioni demaniali per industrie petrolchimiche, per piattaforme petrolifere, ecc.) e di quelli ricadenti nei “porti e nelle aree di interesse preminente nazionale” (individuate dal D.P.C.M. 21 dicembre 1995), che, quindi, rimangono sotto la gestione statale.
Le Regioni a Statuto ordinario e, per ulteriore delega ex art. 42 del D.lgs. n. 96/1999, i Comuni destinatari della riforma di cui si è detto, sono oggi chiamati a svolgere funzioni nuove e di vasta portata anche in termini di innovazione rispetto ai precedenti sistemi di gestione statale
Tutto ciò comporta inevitabili "conflitti d’attribuzioni" tra le diverse amministrazioni coinvolte (Autorità marittime, Autorità portuali, Autorità regionali ed Enti locali) e, di conseguenza, notevoli difficoltà che si ripercuotono nel concreto esercizio delle funzioni di polizia amministrativa dei beni demaniali, che non di rado si tramutano in problematiche operative sul piano dell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria.
Peraltro, occorre evidenziare che la suddetta riforma lascia ovviamente inalterate le funzioni di polizia giudiziaria in capo al personale militare del Corpo delle Capitanerie di porto, in virtù dei poteri ad esso conferiti dal Codice di Procedura Penale (artt. 55 e 57) e dal Codice della navigazione (artt. 1235 e ss.).
Solo dopo diverse pronunce della Corte Costituzionale, l'ultima in ordine di tempo la n. 344/2007, è stato definitivamente chiarito il nuovo quadro normativo, anche per quanto concerne i porti d'interesse regionale ed interregionale, a mente del quale spettano alle Regioni e per il principio di sussidiarietà ai Comuni, le competenze relative all'esercizio delle funzioni amministrative nei porti di 2^ categoria, classe III (porti di interesse regionale ed interregionale con funzione turistica e peschereccia).
La Corte Costituzionale, riprendendo i principi statuiti in altre sentenze (255/2007, 90/2006) ha stabilito infatti, che non spetta allo Stato affermare la propria competenza nella materia delle concessioni demaniali marittime portuali nei porti turistici e commerciali di rilevanza economica regionale ed interregionale, così come definiti dall'articolo 4 della legge 84/94: riferendosi, cioè a quei porti o specifiche aree portuali, che non sono finalizzati alla difesa militare o alla sicurezza dello Stato, ne sono sedi di Autorità Portuale. Quanto stabilito dal Giudice delle Leggi è la diretta conseguenza del nuovo impianto normativo, coltivato nel tempo e che è sbocciato nella Legge Costituzionale 3/2001 che ha modificato il Titolo V della Costituzione.
Diverse Regioni, con diverse leggi regionali, hanno conferito ai propri Comuni costieri l'esercizio di tutte le funzioni amministrative relative al demanio marittimo, intendendosi per beni demaniali – come si è avuto modo di dire - quelli elencati nell'art. 822 del c.c. e 28 del codice della navigazione. Ciò altro non è che il risultato del nuovo assetto costituzionale che, introduce una profonda ridislocazione di poteri dal centro alla periferia, e che hanno aperto la strada al potenziamento delle autonomie.
L'attribuzione ai Comuni delle funzioni amministrative sul demanio marittimo rientra in un principio di organizzazione dello Stato finalizzato ad avvicinare, nella massima possibile misura, la gestione della res pubblica ai cittadini, permettendo da un lato di adeguare l'azione degli amministratori alle specifiche e differenziate richieste della collettività sottostanti attraverso un più intenso dialogo tra cittadini e P.A., volto ad arricchire di contenuti partecipativi l'azione dei pubblici poteri, secondo i principi di una corretta e funzionale democrazia, e dall'altro di evitare l'accentramento burocratico ed il conseguente formarsi di una grossa burocrazia regionale.
Lo Stato mantiene le funzioni amministrative in materia di demanio solo nelle sottoelencate tipologie di Porti e zone del demanio marittimo:
Sono, infine, impregiudicate le competenze statali che riguardano tutte le attività che afferiscono agli aspetti dominicali, inerenti la configurazione giuridica dei beni demaniali, nonché la materia della polizia dei porti, che è del tutto peculiare e specifica, investendo il profilo tecnico-operativo della sicurezza della navigazione e portuale (materia, quest'ultima, distinta e separata dall'utilizzazione dei beni demaniali marittimi e dalle funzioni amministrative a questa attinenti), nonché tutte le altre competenze, eventualmente, escluse per effetto di specifiche disposizioni normative.
Oggi i Comuni sono titolari delle seguenti funzioni amministrative sul demanio marittimo:
Restano ascritti alla competenza statale ed in particolare al Corpo delle Capitanerie di Porto le funzioni relative a:
Gli abusi sul demanio marittimo possono configurarsi in molteplici modi e con diversa consistenza. Essi sono correlati alle differenti modalità di utilizzazione dei beni demaniali, nonché all’esistenza o meno del «titolo concessorio» ed al contenuto dello stesso.
Le fonti del diritto speciale che disciplinano il "rilascio di concessioni" di beni del demanio e di zone di mare territoriale (art. 524 trans.), l’autorizzazione alla "esecuzione di nuove opere" in prossimità del demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare oppure le occupazioni e le innovazioni abusive sono:
Atteso che compete comunque alla Amministrazione dei Trasporti, di regolare l'uso del demanio marittimo e di esercitarvi la “polizia” (=polizia demaniale), il potere dell'Amministrazione marittima, per quanto ampio, non è esclusivo: l'estrinsecazione dei poteri delle altre amministrazioni interessate deve essere in ogni caso sottoposta ad un'opera di coordinamento e di armonizzazione a cura della predetta Amministrazione.
L'Autorità amministrativa preposta, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo (art. 36 Cod. nav.). Le concessioni sono generalmente «temporanee»; tuttavia, in circostanze speciali, possono anche essere «senza limiti di tempo».
Nel primo caso il rilascio della concessioni spetta all'Autorità amministrativa competente, mentre per le concessioni senza limiti di tempo occorre una legge. È opportuno premettere che il carattere demaniale del bene concesso presuppone sempre la «revocabilità» della concessione.
Chiunque intenda occupare per qualsiasi uso una zona demaniale o farvi una qualsiasi innovazione tendente a variare o modificare la proprietà demaniale, o ad indurre limitazioni o impedimenti agli usi per cui essa è destinata, ovvero a pregiudicare i diritti ad essa inerenti deve ottenete la “concessione“ dall'Amministrazione competente previa presentazione di opportuna domanda.
La materia degli "abusi" sul demanio marittimo è disciplinata, per quanto riguarda la parte amministrativa dall’art. 54 Cod. nav., per la parte relativa alle disposizioni penali dall’art. 1161, comma 1 Cod. nav. e ss. E per la parte privatistica delle norme sulla proprietà contenute nel Codice civile.
Si evidenzia che gli articoli 54 e 1661 Cod. nav. si applicano anche alle "innovazioni abusive" eseguite entro il limite dei 30 metri dal demanio marittimo (c.d. zona di rispetto), tale limite può essere aumentato, per ragioni speciali, in determinate località, qualora queste non siano previste in piani regolatori generali o particolareggiati già approvati dagli Enti Locali competenti, d’intesa con le Autorità Marittime ai sensi dell’art. 55 Cod. nav.
L’art. 54 Cod. nav. enuncia: “Qualora siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, il Capo del Compartimento Marittimo (o altra Autorità competente) ingiunge al contravventore di rimettere le cose in pristino stato entro il termine a tal fine stabilito e, in caso di mancata esecuzione dell’ordine, provvede d’ufficio a spese dell’interessato”.
Il «provvedimento ingiuntivo di sgombero» rappresenta, quindi, l’atto consequenziale rispetto all’azione preventiva di polizia, finalizzata alla vigilanza e alla repressione degli abusi sul suolo demaniale; mentre l’esecutorietà d’ufficio dell’ordine costituisce una forma di "autotutela" speciale alla quale fare ricorso, in via sostitutiva, per il ripristino della legalità venuta meno per l’effetto dell’abuso perpetrato in danno del pubblico demanio marittimo.
Nel caso in cui non sia possibile "individuare i contravventori", l’ordinanza di cui all’art. 54 Cod. nav., dovrà essere emessa “ad incertam persona”; questa potrà essere affissa sulla porta o sulle strutture dell’abusiva costruzione ed eventualmente, per maggior cautela, nell’Albo pretorio del Comune, ciò al fine di predisporre, comunque, un atto prodromico alla successiva procedura di demolizione di ufficio.
L’art. 1161 Cod. nav. tipicizza sostanzialmente le seguenti forme alternative di condotta penalmente rilevante:
L’art. 1164, comma 1 Cod. nav. stabilisce, infine, che nel caso di occupazione senza titolo di beni demaniali marittimi, di zone del mare territoriale e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero nel caso di utilizzazioni difformi dal titolo concessorio, il responsabile è tenuto alla corresponsione di un indennizzo: è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa di una somma da Euro 1.032 a Euro 3.098
Il personale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, ha tra i vari compiti, quello della vigilanza e del controllo sul demanio pubblico marittimo (art. 30 Cod. nav.- Uso del demanio marittimo; art. 27 Reg. Cod. nav. - Vigilanza)
Questi controlli vengono effettuati da personale del Corpo, in quanto Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria (art. 1235 Cod. nav. - Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria).
I controlli inerenti il demanio pubblico marittimo sono molteplici e vanno dal controllo dei limiti della concessione demaniale, dei limiti sulla proprietà privata, dell’abusiva occupazione del suolo demaniale al rispetto dell’ordinanza balneare emessa dal Capo del Circondario Marittimo.
Si rappresentano di seguito, per una più facile interpretazione, alcuni controlli demaniali tipo, che posso presentarsi durante il servizio.
► Parte Amministrativa:
Il personale, giunto presso lo "stabilimento balneare", si reca dal concessionario, o da colui che ha in gestione la concessione (art. 45 bis - Affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione - Il concessionario, in casi eccezionali e per periodi determinati, previa autorizzazione dell'Autorità competente, può affidare ad altri soggetti la gestione delle attività secondarie nell'ambito della concessione), dopo le presentazioni di rito, comunica allo stesso che deve effettuare un controllo per il rispetto dell’ordinanza balneare.
Durante detto controllo, viene compilato un apposito «questionario», in duplice esemplare del quale una copia viene rilasciata al concessionario.
Il controllo verte principalmente sulla "sicurezza", vengono quindi controllate le "dotazioni" prescritte dall’ordinanza quali:
Nel caso in cui vi fosse la mancanza di una delle dotazioni di sicurezza o si verificasse il non adempimento di uno degli articoli/punti dell’ordinanza, il concessionario incorrerebbe in una "sanzione amministrativa" per la violazione della stessa, punita dall’articolo 1164 comma 1 Cod. Nav (Inosservanza di norme sui beni pubblici); la sanzione è fissata tra un minimo di € 1.032 ed un massimo di € 3.098 (art. 10 Legge 689/81 - Sanzione amministrativa pecuniaria e rapporto tra limite minimo e limite massimo ) e per la stessa è ammesso il pagamento in misura ridotta pari al doppio del minimo o un terzo del massimo - quella più favorevole per il sanzionato ( art. 16 del Legge 689/81 Pagamento in misura ridotta ) in questo caso si applica un terzo del massimo quindi la sanzione è di € 1.032.
Nel caso in cui la violazione ad uno degli articoli/punti dell’ordinanza viene effettuata da una persona che si trova in spiaggia o in acqua per motivi ludico ricreativi (per esempio, giocare a pallone sulla battigia), l’articolo punitivo è il 1164 comma 2 Cod. Nav. (Inosservanza di norme sui beni pubblici); la sanzione è fissata tra un minimo di € 100 ed un massimo di € 1.000 e in questo caso si applica il doppio del minimo quindi la sanzione è di € 200.
Durante il corso dell’estate ci si può imbattere in una occupazione, da parte di un veicolo, del suolo demaniale marittimo.
Questo tipo di illecito è punito dal Codice della Navigazione in ottemperanza all’art. 1161 comma 2 (Abusiva occupazione di spazio demaniale e inosservanza di limiti alla proprietà privata); la sanzione è fissata tra un minimo di € 103 ed un massimo di € 619, in questo caso si applica il doppio del minimo quindi la sanzione è di € 206.
Lo stesso può essere regolamentato o dall’ordinanza balneare o da ordinanza della locale Amministrazione Comunale.
► Parte Penale:
Nel caso in cui venga abusivamente occupato uno spazio demaniale marittimo (art. 1161 comma 1 del Cod. Nav. ) gli accertatori di detto reato devono tempestivamente far cessare lo stesso contestandolo al suo autore l'illecito ed in seguito si provvede ad identificare la persona e ad invitarla in Ufficio.
► Azioni da intraprendere:
Successivamente viene emessa apposita «ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi» da parte del Capo del Compartimento entro un termine stabilito, ed in caso di mancata esecuzione della stessa, questi vi provvede d’ufficio a spese dell’interessato ex art. 54 Cod. Nav (Occupazioni e innovazioni abusive) .
Nel caso di un concessionario, i contesti in cui ci si può imbattere possono essere:
Nei casi su citati le azioni da intraprendere sono le stesse esplicate nel punto precedente.
In seguito, per le opere abusivamente realizzate/delocalizzate, viene elevato «processo verbale amministrativo» ex art. 1164 comma 1 Cod. nav., e successivamente viene emessa apposita ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi dal Capo del Compartimento entro un termine stabilito, ed in caso di mancata esecuzione della stessa, questi vi provvede d’ufficio a spese dell’interessato ex art. 54 Cod. Nav (Occupazioni e innovazioni abusive ). Per quanto riguarda il concessionario, lo stesso può presentare domanda di «sanatoria» per le stesse. Nel caso in cui la richiesta di sanatoria venisse accetta, si eseguirà in seguito un ulteriore "sopralluogo" durante il quale si provvederà a controllare, tramite la "relazione tecnica", le "planimetrie" e gli "indici di piano", che effettivamente quello chiesto in sanatoria coincida con lo stato dei luoghi.
Nel caso in cui durante il sopralluogo emergano degli ulteriori abusi, perpetrati dopo il primo sopralluogo, si dovrà dare inizio ad un ulteriore procedimento penale a carico del concessionario.
Può capitare che alcuni concessionari realizzino la struttura autorizzata da apposito titolo concessorio (Mod. 77), non con materiali di "facile rimozione" come prescritto dal Codice della Navigazione e come esplicato all’interno delle more del Mod. 77, bensì usando materiali (gettata in opera di pavimentazione o saldando tra di loro i pannelli prefabbricati in cemento armato vibrato) che rendono detta struttura di "difficile rimozione".
Nel caso in cui si verifichi tale situazione, bisogna interessare, l’Agenzia del Demanio (competente per provincia), il Genio delle Opere Marittime, l’U.T. del Comune ove si trovi la costruzione, l’Agenzia delle Dogane, e con appositi tecnici effettuare dei sopralluoghi mirati a constatare se la struttura è di facile o di difficile rimozione.
Dal sopralluogo, "ogni tecnico" dei rispettivi Organi menzionati, redigerà apposita «relazione» e, nel caso in cui la struttura risultasse di difficile rimozione, si darà inizio al procedimento per "l’incameramento" della struttura stessa, redigendo apposito «Testimoniale di Stato» (tale commissione può esprimersi favorevolmente in ordine alla proficuità dell’acquisizione ed incameramento della stessa tra le pertinenze del Demanio Marittimo, in quanto qualificata come opere inamovibile di difficile rimozione e, come tale, da acquisire allo Stato mediante la loro iscrizione nel “Registro Inventario dei beni immobiliari demaniali dello Stato" - Mod. 23.D1) (Art. 49 - Devoluzione delle opere non amovibili).
Tutte le opere di nuova costruzione che si trovano "entro una zona di trenta metri" dal demanio marittimo (c.d. linea verde) o dal ciglio dei terreni elevati sul mare è sottoposta all'autorizzazione (nulla-osta) del Capo del Compartimento.
Per alcune località, per ragioni speciali, in seguito all’emanazione di apposito Decreto del Presidente della Repubblica, l’estensione della zona entro la quale l'esecuzione di nuove opere è sottoposta alla predetta autorizzazione, può essere determinata in misura superiore ai trenta metri.
L' autorizzazione ad effettuare i lavori sopra menzionati, si intende accolta se entro 90 (novanta) giorni l'Amministrazione non ha rigettato la domanda[1] dell' interessato; la stessa non è richiesta quando le costruzioni che si trovano in prossimità del mare sono previste dai piani regolatori o di ampliamento già approvati dall'Autorità Marittima.
Nel caso in cui, all’interno della fascia menzionata si verifichi la costruzione abusiva di opere, si procederà allo sgombero e al ripristino dei luoghi ai sensi dell’art. 54 del Cod. nav. (Occupazioni e innovazioni abusive).
Sequestro di boe abusive
[1] Il silenzio dell'Amministrazione competente equivale a provvedimento di "accoglimento" della domanda senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima Amministrazione non comunica all'interessato, entro 90 giorni, il provvedimento di diniego (vedi in proposito la Legge 7 agosto 1990, n. 241 in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso, nonchè del D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300).
Un particolare aspetto del "potere normativo" esercitato dal Comandante del Porto ex art. 59 Reg. Cod. nav., si ha nell’esercizio del potere-dovere di disciplina della circolazione stradale in ambito portuale, finalizzato, in questo caso, a disciplinare l’ordinato svolgimento della circolazione veicolare all’interno delle aree portuali.
Gli spazi portuali aperti alla circolazione delle auto sono quindi da intendersi quali “strade aperte all’ uso pubblico” ex art. 6, comma 7 C.d.S[1], intendendosi come tale sia la strada il cui uso è consentito a chiunque[2], sia quella il cui uso è limitato ad una sola determinata categoria di soggetti in possesso di idoneo titolo (es. biglietto di imbarco) ovvero rivestenti una determinata qualifica (es. spedizionieri, agenti marittimi) - e ciò trattandosi anche in questo caso, e nonostante la limitazione del fine, di “uso diffuso” [3].
Nell’area portuale si vengono pertanto a creare “due distinte zone” sulle quali esplicano i loro effetti due diverse norme; tuttavia, fra queste due zone, quella destinata a strada pubblica è funzionale a quella portuale, per cui le relative esigenze restano subordinate alle esigenze portuali – cosa delle quali il Capo di Circondario dovrà tenere conto nel disciplinare con propria Ordinanza la relativa circolazione stradale portuale.
Su tali aree il personale delle Capitanerie di porto in possesso della relativa «qualifica» esercita quindi il servizio di “Polizia Stradale” di cui all’art. 12 C.d.S., attività questa che può quindi qualificarsi come “Polizia di Sicurezza” secondo la definizione sopra indicata.
In base quindi alle suddette disposizioni, nonché alle "Circolari" interpretative ministeriali, sulla destinazione delle aree portuali in base all’utilizzo delle stesse, può rilevarsi quanto segue:
Nel primo caso, infatti, le eventuali infrazioni andranno ad incidere sulla esigenza, in senso tecnico, "di ordinate e sicure operazioni e manovre portuali" (così come richiamate dagli artt. 81 Cod. nav. e 59 Reg. Cod. nav); nel secondo caso, invece, l’esigenza da tutelare con la norma è quella di una "ordinata circolazione stradale" (e andrà applicato quindi il C.d.S.).
Infatti, in virtù del “principio di specialità” di cui all’art. 9 della Legge n. 689/81, le infrazioni commesse nelle c.d. “Aree Operative”, pur se commesse a mezzo autoveicol, poiché incidono comunque sulla "funzionalità di strutture ed attività portuali" (movimentazione mezzi meccanici, gru, carrelli elevatori, locomotrici di manovra, autoarticolati, ecc.), attraggono alla fattispecie concreta normalmente disciplinata dal Codice della Navigazione, alla quale si ricollega del resto la ancor più specialistica disposizione dettata dal D.Lgs. 272/99 in materia di "limitazione della velocità", rispettivamente, degli autoveicoli e dei mezzi meccanici.
Per analogia, anche il Ministero dei Trasporti[4] ha chiarito l’applicabilità del C.d.S. nelle aree private, in relazione alla natura ed alle funzioni degli spazi significando che il C.d.S. trova comunque applicazione nelle aree pubbliche e private soggette a pubblico passaggio che è tale quando “può circolarvi indiscriminatamente chiunque, escludendo invece tale fattispecie quando l’accesso sia limitato solo a particolari categorie”[5].
In concreto, quindi, la cogenza di tali norme realizza una sovrapposizione di discipline il cui ambito di applicabilità è individuabile con riferimento alle "finalità di utilizzo" delle singole aree demaniali nell’ambito della realtà fisica del porto, per cui negli spazi destinati «esclusivamente alla circolazione stradale» la disciplina sarà quella del Codice della Strada (ex art. 6, comma 7° e 14°- 2° periodo C.d.S.); mentre nelle aree destinate «esclusivamente ad attività portuali» la norma da applicare sarà quella di cui all’art. 1174, comma 2° Cod. nav.
[1] Giusta quanto richiamato dalla Circolare n° 82/1059/II del 22.01.99 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto (Maricogecap)
[2] Cass. Civ. - Sent. n° 4603 del 11.04.2000
[3] Conforme parere del 1977 dell’ Avvocatura Generale dello Stato
[4] Nota n° 58836 del 19.06.07 confermata dal successivo Parere n° 16789/2008
[5] Cass. Civ. - Sentenza n° 4603 del 11.04.2000).
La prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di «circolazione stradale» e la «tutela ed il controllo sull’uso delle strade»[1], possono essere espletati, previo superamento di un “esame di qualificazione” [2], secondo quanto stabilito dal Regolamento di esecuzionedel C.d.S. (D.P.R. 495/92), dal personale del Corpo delle Capitanerie di porto, nell’ambito delle aree di cui all’art. 6, comma 7 del C.d.S. (Regolamentazione della circolazione fuori dei centri abitati): nelle aree portuali, la competenza a disciplinare la circolazione delle strade interne aperte all’uso pubblico (=non operative) è riservata al Comandante di porto Capo del Circondario, il quale vi provvede a mezzo di Ordinanze, in conformità del C.d.S.).
Su tali aree il personale in possesso della relativa qualifica esercita quindi il servizio di “Polizia Stradale” di cui all’art. 12 C.d.S., attività questa che può quindi qualificarsi come “Polizia di Sicurezza” secondo la definizione sopra indicata.
Nel caso di violazioni delle norme che disciplinano la «circolazione» nelle aree portuali operative cc.dd. “aree portuali non aperte all’uso”, si applica l’art. 1174 comma 2 Cod. nav.
Nella pratica, il militare operante (es. del servizio N.O.I.P.), accertata l’infrazione, si limiterà a redigere l’apposito modulo di “Avviso di accertamento” che provvederà poi ad apporre, ad esempio, sul parabrezza del mezzo, documentando in un secondo momento, una volta raggiunto il proprio Comando, l’attività svolta, gli accadimenti con apposita “Relazione di Servizio” da presentare all’Ufficio competente a riceverla (es. sezione Contenzioso della Capitaneria di Porto) i cui addetti provvederanno a redigere il relativo «Verbale di contestazione» e a sottoscriverlo[3].
Copia del Verbale, unitamente alla relazione di servizio, all’avviso di accertamento e ad eventuali altri rilievi, è conservato presso l’Ufficio predetto.
[1] Per quanto concerne la definizione di “strada”, questa deve considerarsi quale “area ad uso pubblico destinata alla circolazione di pedoni, veicoli ed animali” (art. 2, c.1^ C.d.S.). Tale definizione viene integrata dal successivo art. 3, che distingue – oltre ai vari tipi di strada, anche le parti della stessa, quali ad es. le “banchine”, le “aree e bracci di intersezione”, le “corsie”, le “fasce di pertinenza e di rispetto”, le “carreggiate”, oltre alle definizioni di “corsia”, di “circolazione”, ecc.
[2] Abilitazione ottenuta – ai sensi del D.M. 21.02.96 - previo superamento dello stesso “corso” previsto dal D.P.R. 16.12.92, n° 495 (Reg. Es. C.d.S.) come modificato dal D.P.R. 16.09.96, n° 610.
[3] Cass. Civile Sez. I, Sentenze n. 12105 del 27 settembre 2001 e n. 10015 del 10 luglio 2002 – […] ne deriva, in relazione al caso di specie, l’accoglimento del profilo del motivo relativo alla (erroneamente) ritenuta nullità dell’Ordinanza di Ingiunzione per non essere stato il Verbale di contestazione sottoscritto dagli Agenti accertatori, non dovendo, come si visto, il Verbale di contestazione essere sottoscritto necessariamente da essi, ma (se non redatto con sistemi meccanizzati, nel qual caso non è affatto necessaria la sottoscrizione), da qualsiasi soggetto che faccia parte dell’Ufficio o Comando al quale appartiene l’organo accertatore a ciò abilitato…..
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