L’attività di polizia giudiziaria nel quadro della sorveglianza antinquinamento: la notitia criminis e la comunicazione di notizia di reato

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L’articolo 347 del Codice di procedura penale disciplina l’obbligo da parte della Polizia Giudiziaria di riferire “senza ritardo” e “per iscritto” al Pubblico Ministero competente; tale comunicazione deve contenere secondo il disposto della norma:

  1. gli elementi essenziali del fatto con indicazione precisa del giorno e dell’ora in cui la notizia di reato è stata acquisita;
  2. l’indicazione delle fonti di prova già note;
  3. l’indicazione specifica delle attività investigative compiute di cui deve essere allegata e trasmessa la relativa documentazione.

La predetta disposizione fa obbligo inoltre di comunicare, quando sia possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti ed, inoltre, qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell’atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari.

È opportuno sottolineare che l’obbligo di riferire “senza ritardo” deve essere inteso non come un obbligo di comunicare immediatamente qualsiasi notizia acquisita e che prima facie abbia la parvenza di un reato, ma deve essere interpretata nel senso che il fatto, che si ritiene possa integrare una notitia criminis, deve essere attentamente verificato ed, in ogni caso, supportato da una minima attività di indagine che possa dare al Pubblico Ministero, che riceve la comunicazione, un’idea alquanto precisa sul fatto e sulla responsabilità penale di chi si ritiene autore dello stesso.

In merito alla locuzione “senza ritardo” o all’avverbio “immediatamente” utilizzati rispettivamente nei commi primo e terzo dell’articolo 347 c.p.p., la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che essi, ai fini della valutazione di tempestivo adempimento dell’obbligo della Polizia Giudiziaria di riferire la notizia di reato al Pubblico Ministero le espressioni adoperate dalla legge (e precisamente “senza ritardo” o “immediatamente”), pur se non impongono termini precisi e determinati, indicano attività da compiere in un margine ristretto di tempo, e cioè non appena possibile, tenuto conto delle normali esigenze di un ufficio pubblico onerato di un medio carico di lavoro.

La stessa Corte ha aggiunto che, dinanzi alla mancata previsione di un termine per l’adempimento dell’obbligo di denuncia di cui all’art. 361 Codice penale, vi sia ritardo nella trasmissione della denuncia (ritardo equiparato alla omissione, con le conseguenze previste dalla norma de qua), allorché il rapporto venga presentato con una dilazione tale da incidere negativamente sulla pronta persecuzione del reato, che è il fine tutelato dalla norma stessa.

Ciò è indispensabile per consentire all’Autorità inquirente di poter assumere la direzione delle indagini e continuare ad indagare in modo efficace e proficuo.

Con particolare riferimento alla «materia ambientale», va detto che si rivela di fondamentale importanza, ai fini del prosieguo delle indagini da parte dell’Autorità inquirente, che la Polizia Giudiziaria non si limiti a comunicare sic ed simpliciter i fatti, ma proceda altresì allo svolgimento delle indagini necessarie per ricostruire il fatto costituente reato (ipotizzando la fattispecie violata), sia sotto l’aspetto materiale ed oggettivo che, soprattutto, sotto l’aspetto psicologico, acquisendo tutte quelle fonti di prova che costituiranno poi l’impalcatura probatoria per consentire la formazione della prova in sede penale ed addivenire così alla condanna dei responsabili.

Molto spesso, infatti, sono le stesse Autorità inquirenti che dettano precise direttive in tal senso e chiedono alla Polizia Giudiziaria di acquisire, nell’immediatezza dei fatti, le fonti di prova che, altrimenti, andrebbero perdute, congelando così il teatro degli avvenimenti. Così come si è già puntualizzato, la Polizia Giudiziaria deve procedere in modo particolare ad effettuare dei rilievi fotografici dei luoghi in cui è stato accertato un reato ambientale, in modo tale da far conoscere, anche sul piano visivo, al Pubblico Ministero ciò che è oggetto di descrizione sia nell’annotazione di polizia giudiziaria che nel corpo della notizia di reato. In ogni caso, trattandosi di atto irripetibile, è necessario che venga redatto un apposito verbale dei rilievi fotografici che, pur allegato alla comunicazione di reato, potrà trasmigrare dal fascicolo del Pubblico Ministero a quello del dibattimento, costituendo prova in senso tecnico del giudizio.

È appena il caso di aggiungere che si rivela spesso di fondamentale importanza procedere agli accertamenti urgenti sui luoghi di cui all’articolo 354 c.p.p. e, se del caso, al contestuale sequestro probatorio, chiedendone nei termini la convalida all’Autorità giudiziaria competente.

L’attività della Polizia Giudiziaria deve essere scevra da condizionamenti; deve essere improntata alla massima serenità nell’accertare i fatti e le eventuali responsabilità. Sarà poi il Pubblico Ministero a decidere sulla rilevanza o meno di quanto accertato dalla Polizia Giudiziaria e procedere alla richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione. È comunque necessario che vi sia un continuo collegamento fra Polizia Giudiziaria e Pubblico Ministero, in modo tale che l’attività investigativa fin da subito segua un percorso lineare e teso alla ricerca di tutte le fonti di prova anche quelle volte a escludere la responsabilità di chi di primo acchito possa apparire l’unico responsabile di un determinato fatto reato.

È chiaro che, nell’attesa che il Pubblico Ministero assuma la direzione delle indagini, la Polizia Giudiziaria potrà espletare, dopo aver dato la comunicazione di reato, ulteriore indagini, e dovrà darne tempestiva comunicazione all’Autorità giudiziaria procedente.

La Suprema Corte ha chiarito, infatti, che, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, la Polizia Giudiziaria dispone di un margine di autonoma operatività non solo prima della comunicazione al Pubblico Ministero della notizia di reato di cui all’articolo 347 c.p.p., ma anche dopo tale comunicazione, così come previsto dall’articolo 348 c.p.p., giacché essa - oltre a dareesecuzione alle specifiche direttive impartite dal Pubblico Ministero - ben può compiere ulteriori attività investigative, a condizione che tali attività non siano incompatibili (o comunque in contrasto) con le specifiche direttive impartite dal Pubblico Ministero stesso e, di conseguenza, nessun limite investigativo è ravvisabile nei casi in cui, nonostante l’avvenuta comunicazione al Pubblico Ministero della notizia di reato, questi non abbia in concreto emanato direttiva alcuna, non potendosi nemmeno astrattamente prospettarsi (in tali casi) problemi di incompatibilità o contrasti; si deve ritenere, pertanto, l’esclusiva operatività, nei casi in questione, del disposto di cui all’art. 348 comma 1 c.p.p.